A portare agli onori della lingua italiana il termine piada fu Giovanni Pascoli che “italianizzò” così la parola romagnola piè.
Pascoli elogia la piadina definendola il pane nazionale dei Romagnoli ma, nei territori vocati alla sua produzione, sono state rinvenute tracce dell’utilizzo di un sostituto del pane fatto con farina grezza, cerali e di forma circolare, risalenti al tempo degli Etruschi. Lo stesso Pascoli riscontra le prime tracce letterarie della piadina nel VII canto dell’Eneide di Virgilio quando il poeta romano utilizza, per la prima volta, il costrutto exiguam orbem. Non ci stupisce, in quanto Enea è anche colui che per primo mangiò, in preda ai morsi della fame, la pizza, definita mensa che all’epoca non era altro che un piatto (ritenuto non edibile) su cui poggiare le pietanze. Il Disciplinare di produzione della piadina originale riconosce due tipologie di prodotti: la “classica”, che è compatta, friabile e spessa, caratterizzata da un diametro compreso tra i 15 e i 25 cm e spessa tra 4 e 8 mm; e la “Riminese”, morbida, di diametro maggiore (ovvero tra i 23 e i 30 cm) e più sottile (fino a 3 mm).