“Famola strana!” - Alla ricerca di prodotti gourmet

Che il mondo della pizza oggi guardi moltissimo alla cucina è ormai dato per acquisito, al pari della notevole ricerca in tema di impasti. Non a caso si parla di “pizza gourmet” e di pizze che sono veri e propri “piatti d’autore”, capaci di rivaleggiare con quelli degli chef del fine dining. Abbiamo messo in fila una serie di esempi, per raccontare quali siano gli ingredienti più insoliti usati dai pizzaioli e di come questi ultimi siano riusciti a renderli “accessibili” al grande pubblico.
 
Conciato Romano
Presidio Slow Food, prodotto dall’azienda agricola Le Campestre della famiglia Lombardi, il Conciato Romano è un formaggio di pecora antichissimo, la cui tecnica di lavorazione deriva dalle civiltà agropastorali. La chiave è la stagionatura, o meglio l’affinamento, da un minimo di 7 mesi a un massimo di 24 mesi in anfore di terracotta, con l’aggiunta di erbe aromatiche che gli conferiscono un sapore unico ed un profumo intensissimo. In grado di polarizzare il gradimento anche se assaggiato da solo, diventa ancora più “selettivo” se utilizzato in cucina. Ecco perché abbiamo deciso di trattarlo tra gli ingredienti “particolari”, anche se si tratta di formaggio. Tra chi ha saputo trattarlo e valorizzarlo, vi è uno dei maestri incontrastati della pizza in Italia e a livello internazionale, come Franco Pepe. La sua pizza con il Conciato è contemporaneamente un omaggio alla tradizione, guardando alla Mastunicola – considerata la prima pizza napoletana – e anche una valorizzazione di un prodotto del territorio. Con origini che stanno a metà strada tra la storia e la leggenda, la Mastunicola era un disco di pasta condito con strutto, pepe, formaggio grattugiato e basilico. Il nome deriverebbe secondo alcuni da Mastro Nicola, un maestro pizzaiolo che l’avrebbe inventata. Secondo altri, invece, sarebbe stata la presenza del basilico tra gli ingredienti – in dialetto napoletano vasunicola – a dare origine, dopo una storpiatura – al nome Mastunicola. Sia come sia, Pepe ha riletto la tradizione, apponendo una firma autoriale e sostituendo al posto del pecorino che si aggiungeva un tempo, il Conciato. Nel bilanciarlo, ha scelto la sugna di suino nero casertano (ingrediente non facilmente utilizzabile se accostato alla pizza) e i fichi, che in stagione vengono aggiunti freschi, altrimenti in confettura.

Piccione
Altro ingrediente tra i più divisivi, è certamente il piccione. Vero banco di prova del talento di uno chef è la cottura, che deve trovare il corretto bilanciamento tra la morbidezza (senza sfiorare la crudità) e la giusta consistenza che permette di apprezzarne il sapore, evitando che le carni si secchino. Colpo da maestro è poi riuscire a non limitarsi solo al petto ma a usare anche il resto, come coscia e fegato, sempre più spesso proposto in versione “rocher”. Ebbene, tra i pizzaioli che più hanno innovato in ricerca, tecnica e abbinamenti c’è senza dubbio Simone Padoan, che dal suo laboratorio creativo a San Bonifacio ha fatto scuola. Sua è la pizza “Piccione al forno, fior di latte, petto di piccione al forno a legna, fagiolini neri, coscia confit e ristretto al Campari”. Un piatto in cui dolcezza e tono amaricante si fondono e compensano perfettamente.
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Quinto Quarto
Una volta erano considerati scarti. Stiamo parlando delle parti meno nobili che finivano sulla tavola di chi non poteva permettersi tagli migliori e più cari. Ora vivono un momento di grande riscoperta e sono considerate una prelibatezza: parliamo delle frattaglie, note anche come quinto quarto. Trascurate e relegate alla cucina povera, ora entrano a pieno titolo nei menu “gourmet”: trippa, rognoni, reni, polmoni, cuore, fegato, animelle, lingua e coda. Inserirle in una pizza sembra un’impresa impossibile, tanto è difficile riuscire ad apprezzarle anche in cucina. Eppure, qualcuno ci è riuscito: si tratta di Francesco Martucci che ai Masanielli ha portato una pizza dal nome “Quinto Quarto” che vede tra gli ingredienti: ragù di pomodoro san Marzano Dop, lingua, cuore, coda e diaframma, oltre a pecorino dei monti Lattari gran riserva.

Cocomero
Se il dibattito in merito al rapporto tra ananas e pizza sembra finalmente superato, lentamente e di nascosto un altro frutto ha conquistato la scena, facendo meno rumore soltanto perché il frutto tropicale ci aveva distratti. Si tratta del cocomero, che pare impossibile pensare in un contesto diverso da quello delle calde serate estive, come conclusione rinfrescante. Pier Daniele Seu ha trasformato l’umile cocomero in un ingrediente su cui si sono accesi i riflettori, facendoci fare un viaggio attorno al mondo: la sua pizza si chiama “Valeria a Dubai”, è vegetariana e vede salsa di pomodoro arrosto, cocomero arrosto, feta, olive, crema di aglio nero, gel di cocomero piccante, olio all’aglio, origano fresco e secco. Un saliscendi di sapori e consistenze che schiva l’arma a doppio taglio dell’acquosità del cocomero. 

Salmerino
Parente del salmone e capace di evocare immediatamente panorami montani con acque incontaminate di laghi e fiumi, il salmerino ha carni sode, tenere, magre e asciutte. Tra gli ingredienti ittici sulla pizza, non è esattamente il primo a cui penseremmo, guardando piuttosto ai crostacei, di più facile presa. Eppure, la sua delicatezza lo rende capace di trasformare una pizza in un vero piatto d’autore. Renato Bosco, che non a caso si fa chiamare “pizzaricercatore” l’ha usato per la sua “Salmerino”: impasto con riso Artemide, crema di ricotta, zucchine, salmerino, uova di salmerino. Un capolavoro di delicatezza.
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Bottarga d'uovo
Dal mare al cortile. Com’è possibile pensare e realizzare una bottarga di uovo di gallina? In effetti, abituati a tonno, muggine o cefalo, e alla sapidità delle loro uova, sembra impensabile riuscire a produrre qualcosa di simile da un uovo di gallina. Eppure, con pazienza, sale e zucchero, il risultato è ottenibile perfino a casa. Luca Pezzetta, nella sua pizzeria “Clementina” ha in carta la “Capricciosa a mo’ di pezz”: vede l’uso di pomodoro Migliarese, mozzarella di bufala, carciofo alla giudia, prosciutto di Parma 18 mesi, olive Leccino disidratate, funghi e bottarga d’uovo di gallina. Un viaggio in Italia ad alto tasso di sapore.

Misticanza e fiori eduli
Al ruolo della misticanza abbiamo già dedicato pagine qualche tempo fa, sottolineando come un abbinamento di erbe, foglie e vegetali in genere, possa accendere di sapore una pizza, tra acidità, dolcezza e piccantezza. Ora aggiungiamo anche i fiori, non certamente per una mera questione estetica ma perché hanno anch’essi un ruolo fondamentale. Giancarlo Casa e Sergio Natali de “La Gatta mangiona”, hanno ormai da anni compreso il valore di piante e fiori e, grazie alla collaborazione con lo chef Igles Corelli, autorevole firma della cucina contemporanea, hanno creato “La pizza di Igles”, con fiori eduli, pomodori confit speziati e (poca) mozzarella.
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Frutti di bosco
Dopo il cocomero, ecco un altro frutto o meglio un’intera famiglia che difficilmente riusciremmo ad immaginare sulla pizza. Scontata in pasticceria, meno in cucina, quella dei frutti di bosco è una famiglia numerosa e variamente composta, ma soprattutto rischiosa da gestire sapientemente: dai colori, al gusto (dolce, acido), alla consistenza, tutto porta ad abbandonare la sfida. Eppure, le potenzialità sono davvero notevoli. Non è allora un caso che a cimentarsi con questa prova sia un pizzaiolo come Denis Lovatel che conosce bene i boschi e la montagna e che è riuscito a tradurne il carattere sulla pizza. La sua creazione si chiama “Bosko” e vede fiordilatte, cuore di burrata, amarene o frutti di bosco, capocollo artigianale.
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di Caterina Vianello

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