Pasticceri, fornai e chef, È PANETTONE MANIA!

Ci siamo, Natale si avvicina e il panettone shopping è già iniziato. In bella mostra sui social e sui banchi delle pasticcerie, i panettoni artigianali sono tornati e ora bisogna scegliere tra i tanti gusti e le novità. 
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Anche se, come precisano tutti quelli che mettono le mani in pasta, il panettone è uno solo: quello tradizionale, fatto con farina, lievito madre, uova, burro, canditi, uvetta, zucchero e vaniglia. In questi otto ingredienti si racchiude uno dei dolci più significativi delle feste e dell’alta pasticceria italiana, un prodotto made in Italy che da un paio di anni spopola nel mondo ed è riconosciuto come il dolce di Natale per eccellenza. Non uno qualunque, ma un dolce della tradizione che mette d’accordo tutti, dal nord al sud della Penisola, isole comprese. Le sue origini leggendarie risalgono al “Pan de Toni”, che noi tutti conosciamo, nato per caso e per fortuna alla corte di Ludovico il Moro. Nel corso dei secoli è stato però adottato da tutte le regioni italiane, che lo hanno caratterizzato, personalizzato e - cosa più importante - lo hanno reso nazionale.  Se per anni il panettone è stato appan- naggio delle industrie e dei grandi marchi dolciari, da qualche tempo le pasticcerie si sono riappropriate del ruolo sovrano della produzione del vero panettone artigianale: quello fatto con il lievito madre e solo ingredienti naturali, con numerosi impasti e rinfreschi; quello con canditi di cedro, arancia o bergamotto fatti in casa; quello dalle lunghe lievitazioni che non ti fanno dormire la notte, privo di conservanti, additivi e aromi artificiali.
In poche parole, è tornato di moda il panettone genuino e buono. E, come si sa, le mode contagiano e aprono nuove fette di mercato, così il panettone ha cominciato da qualche anno a far gola (in tutti i sensi) anche ai fornai e - dallo scorso anno - ha conquistato anche gli chef che, stellati o meno, si sono cimentati nella loro versione del dolce natalizio per antonomasia.
A questo punto ci poniamo una domanda sensata: esistono differenze sostanziali tra il panettone del pasticcere, quello del fornaio e quello dello chef ? Al di là dei gusti e del packaging firmato, se cambiano il know-how, il forno e forse anche le materie prime il risultato sarà diverso? Noi, per capire come muoverci in questo immenso “campo di ricerca”, abbiamo chiesto a pasticceri, fornai e chef di raccontarci il loro panettone-pensiero.

In pasticceria

Quando si parla di pasticceria, si potreb- be affermare che per ogni pasticciere esiste un panettone, una ricetta che si riesce a moltiplicare all’infinito rimanendo sempre uguale e risultando sempre diversa. Pescare nel mare magnum dei pasticceri non è stato semplice ma la nostra curiosità ci ha portato a Frosinone da Matteo Dolcemascolo, miglior Pasticcere Emergente d’Italia del Gambero Rosso nel 2021. “Per me il panettone è quello tradizionale – inizia così la nostra chiacchierata. Se ci pensi, con gli stessi ingredienti puoi avere mille prodotti diversi e, da questi ingredienti, ogni anno cerco di tirar fuori il miglior prodotto possibile. Puntare al gusto classico, senza saturare il mercato di gusti sempre nuovi e differenti, è anche una scelta etica e di artigianalità”. Matteo, seppur giovane, ha una buona esperienza e dà una risposta immediata al nostro quesito: “Forno e pasticceria? Non cambia niente, il risultato finale dipende dalla qualità delle materie prime e da quanta lavorazione artigianale c’è nei vari passaggi. Personalmente preferisco il panettone del fornaio, fatto a mestiere e in modo artigianal a quelli gastronomici (che vanno troppo oltre a volte) o a quelli firmati da nomi altisonanti della cucina italiana. Il panettone da forno è un buon prodotto, la differenza sostanziale sta nella cottura: il forno statico dà un colore più scuro, cuoce di più, conferendogli una leggera crosticina esterna, lasciando l’interno morbido e soffice, mentre il ventilato di pasticceria sforna un prodotto soffice al tatto sia dentro che fuori, senza alcuna crosta, con un colore più aranciato come il miele e uniforme. L’interno dipende dalla lievitazione: il buon panettone deve essere soffice, profumato, sfilacciarsi con le dita ed essere ricco di canditi e uvetta ben distribuiti. E poi c’è da anche da dire che il forno e la pasticceria oggi sono due mondi sempre più vicini: la pasticceria perde di dolcezza, si avvicina al salato e tra le due parti c’è una linea sempre più sottile di demarcazione”. 
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E com’è il panettone di Dolcemascolo? “Una continua novità. Ogni anno penso che posso fare meglio e ogni anno trovo sempre nuove cose da migliorare: dai canditi all’impasto, alla farina più o meno forte, agli zuccheri usati (destrosio o sciroppo di glucosio), fino alle ore di lievitazione. Ad ogni infornata capisci cosa funziona e cosa no e sei sempre lì a correggere il tiro. Questa continua attenzione al prodotto e alla sua chimica mi aiuta ad avere un prodotto finale apprezzato dal pubblico”.

Il panettone dei fornai

A partire dal 2019, percorrendo le orme di Gabriele Bonci e forti delle conoscenze inerenti la lievitazione, ci hanno provato anche loro: i fornai. Chiamarle prove sarebbe anche riduttivo, visto che i risultati sono ottimi. C’è sicuramente una sensibilità differente, una competenza sui forni rigorosa, più ecletticità sugli impasti e le lievitazioni. E poi c’è da dire che la nuova generazione di fornai è cambiata. Lo dimostrano quelli del Forno Brisa di Bologna che, da oltre 5 anni, fanno il loro panettone, sempre più buono e sempre con nuove proposte e come sottolineano: “il panettone dei fornai è una questione culturale”. Stiamo assistendo, dunque, con questo “movimento dei forni” a un ritorno alle origini del panettone. Gli ingredienti sono comuni a quelli dei pasticcieri, con la differenza che il fornaio usa quo- tidianamente il lievito madre, che è poi quello del pane, addolcito con rinfreschi più frequenti, per mitigarne l’acidità. Dal punto di vista della lavorazione dei lieviti e degli impasti, ci sono dimestichezza e know-how profondi. E si può affermare senza alcun dubbio che il panettone del fornaio si ispira a un concetto di pane, più primordiale, al contrario del panettone più virtuosistico e creativo delle pasticcerie.
“Non c’è nessuna differenza di ingredienti, né di lavorazione, dando per scontata la qualità delle materie prime e la grande ricerca che mettiamo in questo lavoro”, ci dice Sergio Conti titolare del Forno Conti & Co. a Roma, fornaio da generazioni che oggi si impegna in una panificazione moderna con incursioni ben riuscite nella pasticceria, a guardare il suo banco. “Sicuramente in pasticceria tutti i passaggi sono artigianali, penso alla canditura degli agrumi per esempio: cosa difficile da fare in un forno, per mancanza evidente di attrezzature e spazi specifici. La grande differenza è solo una: il forno. Noi fornai lavoriamo con dei forni elettrici statici, non abbiamo la tecnologia di forni ventilati o a vapore dei pasticceri, pertanto dobbiamo stare molto attenti alle temperature”. Dalle parole di Sergio si evince subito che la diversità di un panettone da forno sta nel colore più brunito in superficie e in una maggiore compattezza al tatto. Aspetti da catalogare come conseguenza del metodo di cottura, che non sono né un difetto né un pregio. Poi c’è anche chi decide di cambiare forno, o meglio di aggiungere nel proprio laboratorio un forno adatto a questo dolce.
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Stiamo parlando del Forno Roscioli, istituzione della panificazione nella capitale che dal 2003 produce panettoni. Sono Pier Luigi Roscioli e Giulio Basile che si occupano dei lievitati delle feste e sono loro che ci raccontano i vari passaggi di produzione: “Il nostro è un panettone da forno senza aromi aggiunti, realizzato con lievito madre, monitorato e tenuto sempre attivo. Il nostro lievito è lo stesso che utilizziamo durante tutto l’anno per il pane, quindi è un lievito sempre altamente performante. Anche per questo motivo il sapore finale del panettone ricorda un pane dolce. All’impasto aggiungiamo poi la pasta acida e un’emulsione con scorza di arancia e vaniglia e burro chiarificato a bassa temperatura. Facciamo un totale di due impasti: tra il primo e il secondo passano 12 ore, tra il secondo e l’infornata dalle 8 alle 10 ore. Per la cottura, prima cuocevamo nel forno in muratura a tubi, da quest’anno abbiamo un nuovo forno che cuoce con metodo Rotor a una temperatura più bassa, delicata e prolungata per rendere il panettone ancora più morbido”. Chiediamo a Pier Luigi Roscioli qual è la caratteristica vincente del panettone Roscioli, quella che dà riconoscibilità: “proprio quella di essere prodotto giornaliero come il pane; siamo tra i pochi che producono il panettone tutte le notti in vari formati, vendendolo a peso proprio come si fa con i filoni e garantendo così al cliente un prodotto sempre fresco e naturalmente profumato”.
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I panettoni degli chef

Alla lunga lista delle creazioni dei mae- stri dell’alta pasticceria, dobbiamo per forza aggiungere anche gli chef, che in alcuni casi hanno iniziato da tempo a dedicarsi ai grandi lievitati. Nel 2021 abbiamo assistito ad un vero boom del panettone “stellato”: Alajmo si è cimentato con albicocche e caffè, Cannavacciuolo con cioccolato e caffè; i Cerea si sono inventati il Panettone Picolit con albicocche e picolit (un vino friuliano, ndr), Baldessari si è affidato ad ingredienti inconsueti come capperi, gocce di assenzio, cardamomo e ananas. C’è poi il Super Panettone di Cracco con gocce di cioccolato e pralinato al pistacchio, mentre Romito e Uliassi contrariamente ai colleghi, hanno preferito la tradizione. Nei panettoni degli chef i veri protagonisti sono gli ingredienti interni, non tanto la forma o il procedimento; c’è ovviamente una tendenza a creare qualcosa che somiglia al loro nome o al loro lavoro quotidiano. In alcuni casi siamo di fronte a prodotti a cavallo tra la pasticceria e la cucina fine dining. C’è molta sperimentazione soprattutto nella versione salata o “diversamente dolce”, prediligendo un gioco di accostamenti, contrasti e nuovi equilibri di gusto. Per farvi capire meglio cosa intendiamo, siamo andati a cercare una vera chicca della “pasticceria gastronomica”. Si chiama PanVioletta ed è un panettone realizzato con melanzana candita dallo chef calabrese Claudio Villella che, nella sua espressione culinaria ha come unico obiettivo quello di dare voce al territorio, raccontando la sua terra attraverso le proprie eccellenze. Nel caso del PanVioletta, per la prima volta un ortaggio è protagonista del Natale. Stiamo parlando nello specifico della Melanzana Lady Violetta di Longobardi, un piccolo paese in provincia di Cosenza. La base del panettone è classica, l’intento è quello di dar vita a equilibri di gusto nuovi, senza discostarsi troppo dalla tradizione. Allo stesso tempo, come ci spiega lo chef: “è un modo per uscire dagli schemi, andare oltre alla tradizione. Una visione moderna, che rispecchia la
mia cucina, seppur non discostandomi dalla sapienza familiare o dalla tradizione territoriale”. Dietro a questo tipo di prodotto c’è tanta ricerca, c’è molta artigianalità, che parte dalla conservazione dell’ortaggio durante la sua stagione, alla sua lavorazione che non deve fargli perdere di perso-nalità. Dolce e succosa, la Lady Violetta, icona indiscussa della cucina calabrese, si trasforma in un candito da panettone che arricchisce anche visivamente e in quantità i lievitati realizzati dallo chef Villella (lo scorso anno ne ha sfornato solo 100 e anche quest’anno sarà una limited edition). “Dolce, compatta, dal sapore raffinato e delicato, questa melanzana si presta benissimo alla canditura, che ne esalta la dolcezza e la carnosità, senza diventare eccessivamente stucchevole, sapendo anche giocare con toni lievemente acidi dati dagli agrumi”.
E, per chiudere il nostro percorso, non possiamo non ricordare che anche i pizzaioli si sono lasciati tentare da questo “pane nazionale”. E c’è anche chi, seppur celebre per la sua tonda, il panettone lo ha sempre fatto da quando, nel 2008, si è innamorata del lievito madre e del suo potere magico. Parliamo di Amalia Costantini, titolare di Mater a Fiano Romano (Roma) la quale, da autodidatta, ha sempre sperimentato panettone e pani di ogni genere e non solo pizze, con la prerogativa di una lavorazione totalmente artigianale e la scelta di ingredienti solo biologici. “I panettoni li faccio da sempre, ma solo da tre anni mi vengono bene. Oggi sono finalmente arrivata ad avere una mia ricetta: non ne esiste una assoluta, io amo sperimentare. E poi, quando hai a che fare con il lievito madre, c’è un lavoro immenso di gestione delle varie acidità (lattici e acetici), di rinfreschi continui durante l’anno, cosa su cui sono meticolosa, Solo se tutto rispetta certi valori troviamo quella dolcezza o sofficità: non è una questione di dosi o di seguire un procedimento alla lettera. Se devo dire che differenza c’è tra il panet- tone di pasticceria e il mio non saprei dire, anzi mi sento più pasticciera che pizzaiola per molti versi”. Amalia cuoce in un forno da pasticcere e non nel forno delle pizze, fa pochi pezzi solo per pochi fortunati e in ognuno di questi, c’è tanta passione e un carico emotivo importante che accompagna ogni fase - con successo o con insuccesso - di questo lievitato, croce e delizia di chi mette le mani in pasta.

Caro Panettone

Ogni volta che diamo un morso ad una fetta di panettone, dobbiamo tenere conto del grande lavoro che c’è dietro: la scelta delle materie prime, gli impasti e i lunghi tempi di lievitazione, le ansie per il risultato finale, le sperimentazioni e le prove continue, la cura del lievito madre e del suo ph. E, non ultimo, l’amore che serve per farlo venire bene. Perché un buon panettone non è solo una questione di aromi, di alveolature, di sofficità e gusto, ma è anche una questione di sapienza e sentimento. E tutto questo non ha prezzo.
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di Giusy Ferraina

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