Mozzarella sì… ma quale?

È uno dei matrimoni meglio riusciti in gastronomia. Stiamo parlando ovviamente di pizza e di una particolare categoria di formaggi definita “a pasta filata”, dove spicca, per fama e diffusione, la mozzarella. La definizione corretta per la mozzarella non è “latticino”, bensì “formaggio” in quanto ricavata dall’utilizzo di latte nel suo insieme e non solo da una sua parte come avviene, ad esempio, per la ricotta che si ottiene dal siero del latte.
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Ma impariamo a conoscere un po’ meglio questo formaggio straordinario. Esistono vari tipi di mozzarelle che si differenziano per la provenienza del latte (vaccino o di bufala), per l’area di produzione che è principalmente localizzata, per motivi storici, al meridione d’Italia; per la tecnica di lavorazione che può dar vita ad un prodotto con maggiore o minore umidità, sapidità, eventualmente affumicato e, non da ultimo, per le condizioni di vita e qualità di alimentazione che spettano ai bovini da cui otteniamo il latte. È evidente che da un latte di miglior qualità si possa ottenere una mozzarella migliore.
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Partiamo da un breve cenno sulla storia della mozzarella per dire che le prime testimonianze scritte risalgono al 1400; a quei tempi veniva definita “mozza” da cui deriva il nome attuale e che indicava il prodotto dell’azione di mozzatura, la quale può essere meccanica o manuale, che viene compiuta per separare ogni singola mozzarella dalla massa fusa di pasta filata. Si ipotizza però che la mozzarella abbia natali che risalgono all’introduzione della bufala. Essa trovò un ambiente di vita ideale nelle zone acquitrinose del Volturno e del Sele ed alcuni fanno risalire la sua introduzione intorno al IV secolo.
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I formaggi a pasta filata, a cui appartengono anche i caciocavalli ed i provoloni, si ottengono in maniera simile agli altri, ovvero con l’estrazione della parte solida contenuta nel latte fino ad ottenere una “cagliata” che, dopo una opportuna maturazione, viene sottoposta al processo che ne determina la classificazione: la “filatura”. La cagliata, ridotta in piccoli pezzi, viene messa a contatto con acqua a temperatura di quasi ebollizione e viene lavorata fin quando non diventa una massa plastica e lucida dalla quale si ottengono le diverse “pezzature”. Segue il raffreddamento in acqua delle forme così ottenute e, per alcune tipologie, la salatura tramite salamoia. La mozzarella è un prodotto da consumare fresco entro 2/3gg dalla produzione per poter godere della sua massima espressione in consistenza e gusto.
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Ancora una cosa: il termine mozzarella, mentre precedentemente indicava un formaggio con provenienza da solo latte di bufala, lasciando la denominazione “fior di latte” ad indicare quello da latte vaccino, per le leggi in vigore al momento si può usare per entrambe le tipologie, salvo specificare “di latte di bufala”.
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Ma veniamo al suo utilizzo sulla pizza; l’uso della pasta filata sulla pizza non coincide con la nascita di quest’ultima che vede, almeno in Campania, l’utilizzo iniziale di farciture a base di strutto, minutaglia di pesci e successivamente pomodori. La mozzarella fa capolino, fra gli ingredienti della pizza, nei primi decenni del XIX secolo, prima che la fortunata storia della pizza Margherita ne decretasse il successo. Da allora è praticamente impossibile trovare il menù di una pizzeria che non comprenda dei formaggi a pasta filata. In effetti la loro grande versatilità consente di confezionare le più svariate pizze in abbinamento agli altri ingredienti. Sceglieremo quindi un fior di latte, magari di Agerola, sfruttandone la consistenza, la bassa umidità ed il sapore molto delicato per accostarlo ad ingredienti che abbiano un gusto non molto deciso e che vogliamo far risaltare tipo ad esempio verdure, ortaggi, pomodori, o anche per attutire il gusto troppo invadente dei salumi.
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Una mozzarella di bufala, invece, con il suo gusto deciso e caratteristico, diventa dominante nella farcitura e bisogna prestare molta più attenzione agli accostamenti. Realizzare una pizza con mozzarella di bufala richiede anche un maggior impegno da parte del pizzaiuolo per via delle sue caratteristiche. La mozzarella di bufala ha una maggior percentuale di grasso, una maggiore umidità ed una maggior resistenza alla temperatura prima di iniziare a filare. È importante quindi seguire una serie di accortezze:
 
  1. bisogna tagliarla con adeguato anticipo, affinché abbia il tempo di sgrondare dall’eccesso dei liquidi per non ritrovarsi con un laghetto di latticello sul disco della pizza,
  2. a pezzi non troppo spessi, per consentire una adeguata cottura e filatura
  3. oppure sfruttare queste sue caratteristiche per caratterizzare la pizza, aggiungendola all’uscita e lasciando intatto i suoi meravigliosi gusto e consistenza.
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Con lo stesso criterio possiamo scegliere di impreziosire una pizza aggiungendo, sempre all’uscita ed a temperatura ambiente, un altro formaggio a pasta filata di provenienza pugliese, che è fatto con sfilacci di mozzarella vaccina in aggiunta a panna: la “stracciatella”. Non sarà una scelta tradizionale, ma, se di buona qualità, è un potente booster di gusto.
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Di Giosuè Rino Silvestro

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