Mille birrifici mille

In vent’anni il numero dei birrifici artigianali è enormemente cresciuto: ci sarà un seguito?

La storia dei birrifici artigianali inizia in Italia nel 1996, o, almeno, si prende quell’anno come l’inizio d’una storia che ha appassionato molti italiani, dando una forte scossa anche alle grandi industrie della birra che, nel frattempo, hanno investito molto per rinnovarsi e adeguarsi alle crescenti esigenze dei consumatori e al cambiamento del gusto. Risulta infatti che gli spazi occupati dai micro birrifici e dai brewpub sono ancora molto esigui e non hanno fin qui intaccato né i numeri né il fatturato delle multinazionali della birra che continuano a crescere.

I micro birrifici

I tanti micro birrifici esistenti attualmente in Italia – circa mille, ma in questi vent’anni ne sono stati aperti molti di più, ma numerosi hanno avuto vita breve – sono piccole aziende spesso a carattere familiare, o comunque piccole società, che producono birra non consumata in locali attigui alla produzione, poiché la birra prodotta, una volta imbottigliata o infustata, viene venduta all’esterno. In questi piccoli birrifici il lavoro si limita a tener in ordine e sempre pulite le attrezzature, ad acquistare le materie prime necessarie, a seguire la fase produttiva, a imbottigliare e spedire ai clienti. Naturalmente, come in tutte le altre aziende agroalimentari, ci sono i registri previsti dalla legge per la contabilità, per registrare le accise sull’alcol e poco altro. Perché un micro birrificio abbia vita assicurata deve garantire prodotti finali non solo di eccellente qualità, ma con caratteristiche tali da farli diversi dalle altre birre in commercio. Il consumatore ama le birre che hanno una ben precisa identità, belle a vedersi, piacevoli, riconoscibili e non confondibili.
 
Per arrivare a questi risultati coloro che si propongono di diventare mastri birrai non basta siano innamorati della birra, ma devono avere una solida cultura e conoscere le varietà di birra prodotte nel corso del tempo. Il mondo della birra, infatti, è bello proprio perché è vario e chi ama davvero la birra si appassiona alla sua straordinaria varietà: chi fino a prima conosceva solo la distinzione tra “chiara”, “rossa” e “scura”, improvvisamente scopre l’esistenza di decine di stili diversi, ognuno con le proprie peculiarità. Questo è successo a molti giovani imprenditori che hanno iniziato a percorre la strada della produzione di birra e così, per limitarci ad un esempio, hanno scoperto la Lager, cioè la birra a bassa fermentazione.
 
Come abbiamo scritto in articoli precedenti col termine Lager si identifica una famiglia brassicola, nella quale rientrano tantissimi stili diversi a bassa fermentazione: Helles, appunto, ma anche Doppelbock, Schwarz, California Common, alcune Baltic Porter, ecc. Tutte tipologie, quest’ultime, che hanno peculiarità organolettiche (nonché estetiche) ben lontane dalle Helles. Possiamo fermarci qui, perché le righe che precedono credo siano sufficienti a mostrare come questo mondo sia non solo molto interessante, ma anche molto vario, per cui coloro che si avventurano nel vasto mondo della produzione di birra o possiedono una seria cultura birraria o un bel giorno si trovano a dover chiudere l’attività.
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Il Brewpub

Scrivendo questo mese dei vent’anni dalla nascita dei micro birrifici italiani, aggiungiamo qualche informazione su quelli che con termine orami diffuso vengono chiamati “Brewpub”. Con questa parola sono indicati i luoghi – birreria, ristorante, pizzeria, ecc. – dove si produce e quindi si serve ai clienti la birra prodotta sul posto. Molto spesso l’impianto di produzione è al di là di una parete vetrata per cui seduti ai tavoli si vede in diretta la produzione di birra e ciò permette ai clienti di capire la tipologia del locale che unisce micro birrificio e ristorante o birreria magari con degustazione di piatti alla moda mitteleuropea come avviene, ad esempio, a Trieste o a Bassano del Grappa, eredità della passata presenta asburgica. I brewpub, rispetto ai micro birrifici, hanno il vantaggio di un minor tempo richiesto per recuperare il capitale investito e di fornire immediatamente (o quasi) un cash flow anche importante. Affermano gli esperti che, in questi casi, il dimensionamento dell’impianto, essendo limitato al locale, è decisamente più semplice e si può calcolare approssimativamente in un litro per ogni posto a sedere, raddoppiando questo dato, si lavora con un buon margine
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Il futuro

Abbiamo velocemente accennato a un mondo che, al di là della storia, delle materie prime, delle problematiche su cui ci siamo soffermati nei mesi precedenti, possiede una sua ben precisa identità, pur nella varietà delle strutture e delle tipologie di birra prodotte, per cui è comprensibile che nel corso dei due decenni precedenti un buon numero di realtà di questo settore abbiano dovuto chiudere. Chi allora potrà avere un futuro? Come in tutti i prodotti agroalimentari il mercato trattiene quelli in possesso di una sicura qualità, quelli che hanno un corretto rapporto qualità/prezzo e quelli che sanno imporsi per caratteristiche proprie, quindi per una precisa identità, non confondibili con altre birre magari più reclamizzate. E con quest’ultimo termine riteniamo di poter affermare che per la sopravvivenza di un micro birrificio è indispensabile che esso abbia anche una qualificata capacità di comunicazione tale da garantire una costante e affezionata clientela.
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di Laura Nascimben

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