Pianta erbacea perenne, fu inizialmente coltivato in Egitto, dove cresceva spontaneamente lungo il delta del Nilo. A Roma la coltivazione è documentata nel II sec a.C. attraverso i testi di Plinio e Catone, che riferiscono di un apprezzamento notevole per l’ortaggio e cominciano a sottolinearne uno dei tratti che nel corso del tempo viene sempre più evidenziato: la capacità di lenire lo stomaco, o, in modo più articolato, un complesso di proprietà diuretiche e depurative dagli effetti benefici su fegato e reni. Le sue molteplici virtù “mediche” sono anche uno dei motivi per cui, dal Medioevo in poi (grazie agli Arabi), la presenza dell’asparago sulla tavola, molto più spesso nobile che contadina, è una costante, che testimonia tra l’altro come la coltivazione divenga abituale. Molte sono infatti le ricette che lo vedono protagonista è ed assai interessante notare come, dall’epoca romana in poi, le modalità di consumo non siano poi così cambiate: da Galeno a Savonarola a Platina, l’asparago è frequentemente consumato lesso, condito con olio e garum prima, o aceto poi, a dimostrazione di una continuità gastronomico-culturale viva attraverso i secoli. La modernità, attraverso tecniche di cucina via via più raffinate ed una evoluzione del gusto, ha saputo valorizzare al meglio il carattere eclettico dell’asparago, partendo dal tradizionale abbinamento con le uova, per arrivare a vellutate, risotti, paste, ripieno di pasta fresca, pasticci, gratin, contorni che di volta in volta ne esaltano la morbidezza o la croccantezza, fino a condimenti per la pizza, sulla quale diventa protagonista ben oltre la semplice e ormai sorpassata disposizione a raggiera, per assumere un ruolo di primo piano in crema, nelle versioni bianche, per esempio, o accostato ad ingredienti di nicchia per versioni gourmet.
Le varietà di asparago sono moltissime, oltre 200: prima di elencarne le principali, è possibile procede ad una sommaria suddivisione che si basa sulla differenza cromatica. A seconda infatti che il turione sia o meno venuto a contatto con la luce del sole, si sviluppa non solo una colorazione diversa, ma anche un sapore differente: ecco allora l’asparago verde, quello bianco, quello violetto. Aggiungiamo alla lista anche quello selvatico, non tanto per una questione cromatica, ma perché dal punto di vista gustativo è la versione più “ruspante” del fratello maggiore coltivato. L’asparago verde è quello sicuramente più diffuso: germoglia alla luce del sole come quello violetto, dal quale si differenzia per il sapore meno marcato e meno amarognolo. Il violetto è quello appunto in cui il ruolo della fotosintesi ha un effetto significativo sul sapore: più deciso e amaro. La varietà bianca, rispetto quella verde, è molto più delicata e si caratterizza per la mancanza di clorofilla dovuta alla sua produzione particolare che ne prevede il ricoprimento con la terra del campo in fase di sviluppo. Gusto intenso, infine, e dimensioni decisamente più sottili per l’asparago selvatico, prevalentemente utilizzato nella preparazione di frittate.