Personaggio straordinario per la sua enorme cultura gastronomica e per la capacità non comune di valorizzare al meglio i prodotti agroalimentari italiani, Heinz Beck si fa amare da chi lo conosce anche per un’umanità che è dote abbastanza rara tra i grandi chef internazionali.  Il patrimonio di saperi gastronomici che ha accumulato nel corso degli anni, studiando e sperimentando in cucina, senza mai risparmiarsi, non lo tiene gelosamente nascosto per tradurlo solo nei piatti che prepara a chi siede a La Pergola a Roma e negli altri ristoranti da lui seguiti, ma lo rivela con generosità ai giovani cuochi che hanno la voglia di crescere per diventare protagonisti nel vasto mondo della ristorazione internazionale.
Con Heinz Beck, la cui amicizia ormai ultraventennale mi onora, ho trascorso un’intera giornata a Parma in occasione del 27° Campionato Mondiale della Pizza. Parlando con lui, mi sono ulteriormente convinti che è davvero un personaggio straordinario. Originario Friedrichshafen, nel sud della Germania, sta dando ormai da molti anni alla cucina e alla cultura alimentare italiana un contributo di grande spessore culturale e operativo, certamente non inferiore a quello di tanti suoi illustri colleghi, forse più conosciuti perché molto amanti della visibilità televisiva. Ma di questo non ho parlato con Heinz, questi discorsi non gli piacciono, da grande gentiluomo qual è, fattosi conoscere dai gourmet di tutto il mondo per il suo inossidabile valore e per la sua meravigliosa cucina.

Heinz Beck con i campioni della pizza

Al Campionato Mondiale della Piazza Heinz arriva puntuale ormai da dieci anni per presiedere la commissione giudicatrice di un Trofeo che porta il suo nome, dedicato ai cuochi che lavorano in pizzeria, denominato “I primi in pizzeria”.
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Oggi sei qui a Parma anche per presentare una tua pizza, gli dico.
“Certamente sì, risponde. Venendo ormai da tanto tempo a questo grande evento internazionale, pensavo che prima o poi mi venisse chiesto di preparare una pizza e, non volendo trovarmi impreparato, da diversi anni stavo sperimentando con i miei collaboratori una pizza che fosse fedele alla tradizione, ma, nel contempo, espressione di una moderna gastronomia, capace di entrare anche nei ristoranti di prestigio.”
Ma la pizza è un disco di pasta con sopra una farcia che si è evoluta nel corso del tempo, gli dico.
“Verissimo, e proprio questi due elementi, l’impasto e la farcia, sono stati l’oggetto della mia attenzione. E ho cominciato proprio pensando alla farcia, per renderla magari esteticamente bella come sono i piatti dell’alta cucina. Poi mi sono fermato sull’impasto che in pizzeria è tradizionalmente quasi sempre realizzato allo stesso modo.”
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Questo è vero, gli dico, e allora?
“Mi sono messo a lavorare con l’impasto, realizzato con acqua e farina e ho pensato di intervenire sull’acqua, probabilmente l’ingrediente cui si pensa meno, visto che in genere si bada di più alla qualità della farina e al tipo di lievito. E mi sono chiesto: si può sostituire l’acqua con un altro liquido?  Ho provato e riprovato tante volte e, alla fine, ho visto che il risultato migliore l’ottenevo usando il liquido ottenuto dalla spremitura del pomodoro Una volta spremuto ho centrifugato il liquido ottenuto, tenendo da parte i pezzetti solidi da usare successivamente  E anche con questo liquido ho provato tante volte, per ottenere l’impasto più gradevole, variando la quantità di farina allo scopo di avere una pizza più leggera e più digeribile.”
A questo punto i problemi da risolvere restavano due: il rapporto liquido-farina e il tempo di lievitazione dell’impasto.  
“Esatto. Il liquido, cioè la nuoca acqua di pomodoro, rappresenta l’80 per cento e la farina il 20 per cento e l’impasto ottenuto va messo a lievitare per 60 ore, al termine delle quali l’impasto deve risultare perfetto in modo che poi, gustando la pizza, questa risulti, oltre che buona, di alta digeribilità.”
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E hai provato con altri liquidi?
“Prima di arrivare alla scelta della spremuta di pomodoro centrifugata ho provato altri prodotti, come, ad esempio, il distillato di rosmarino. Ma questo non andava bene ma non l’ho gettato poiché ho visto che l’impasto con questo distillato era ottimo per confezionare i grissini che tutt’ora preparo in ristorante.”
Heinz Beck, più tardi, in un interessante e seguitissimo show cooking, di fronte a tantissimi cuochi professionisti, pizzaioli e amanti della cucina, esegue con i suoi collaboratori, il capocuoco Gianluca Renzi e il pasticcere Giuseppe Amato, diverse pizze  dimostrando quanto ha prima illustrato, facendo chiaramente capire che la pizza può entrare anche nei ristoranti più prestigiosi, ma deve essere frutto di una seria e intelligente ricerca, sostenuta da una solida cultura gastronomica e dalla perfetta conoscenza delle materie prime impiegate. In cucina, come in pizzeria, non si improvvisa nulla e senza cultura professionale non solo non si cresce ma si viene travolti dalla veloce evoluzione che caratterizza il tempo presente.
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Con Heinz Beck si starebbe sempre volentieri. L’ho anche accompagnato in visita ai vari stand delle aziende presenti al Palacassa di Parma per il Campionato Mondiale della Pizza. Beck ha voluto sapere da ogni espositore le caratteristiche dell’aziende, cosa produce e, soprattutto, ha voluto assaggiare i prodotti e conoscere gli strumenti tecnici presentati.
Osservandolo da vicino e vedendo il suo sincero interesse per quanto gli stava davanti ho avuto conferma che un grande chef deve essere, oltre che un grande signora, un vero uomo di cultura, non limitandosi ai prodotti che entrano in cucina ma estendendo l’interesse a tutto ciò che può interessare quanti siedono ai suoi tavoli. Solo così, io credo, si può dialogare, mediante i piatti, con i clienti, i quali si rendono conto che in cucina non c’è solo un grande cuoco ma un uomo vero, un protagonista importante del nostro tempo.
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di Giampiero Rorato

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