Breve viaggio nel mondo del riso

Dall’antica cucina cinese ai giorni nostri il riso è uno dei grandi protagonisti dell’alimentazione umana.

Ormai lo sanno tutti: il riso è uno dei cereali in assoluto più importanti, coltivato e prodotto in tutto il mondo. È originario dell’Asia, dove da millenni entra in tutte le situazioni della vita, della religione, delle ricorrenze familiari e dove permea ogni avvenimento sociale, politico e militare. Nel lontano Oriente è, da sempre, l’alimento principale, presente in quasi tutte le tavole, in quasi tutti i giorni dell’anno. L’Oryza Sativa (questo è il suo nome botanico) sarebbe comparsa per la prima volta più di sette-ottomila anni fa o nell’isola di Giava; oppure, secondo un’altra ipotesi, nella zona dei laghi cambogiani. Una controprova, che eliminerebbe ogni dubbio sulla “patria” estremo-orientale della specie, viene dall’archeologia: alcuni scavi dimostrerebbero che in Cina, già settemila anni fa, si coltivava e si consumava riso.
 
I resti fossili nella valle dello Yang Tze offrono un’altra conferma: tre o quattro mila anni fa in quella regione le risaie erano già una realtà. I reperti rinvenuti in India, nelle grotte di Hastinapur situate nello stato di Uttar Pradesh, dicono poi che già allora le popolazioni di quelle lontane contrade si nutrivano di riso.Pur essendoci fin dall’antichità delle comunicazioni e dei rapporti di scambio fra luogo e luogo, l’arrivo del riso in Europa è avvenuto molto tardi e lo si trova menzionato in Grecia solo a partire dal 5° secolo a C dal poeta tragico Sofocle che lo definì alimento nutriente e costipante per l’intestino e, per sua testimonianza, era portato in Grecia dall’Etiopia. Dopo di lui ne parla anche il commediografo Aristofane che scrive di un involtino di riso. Altro autore antico, il geografo e storico greco Strabone, vissuto nel primo secolo a.C si sofferma più a lungo dei precedenti su questo cereale.
Oltre che dai Greci il riso era conosciuto anche dai Romani, che lo usavano con estrema parsimonia e in polvere, come una spezia e aveva quindi un uso molto limitato, poi con il declino di Roma il riso scomparve dall’Italia. Ritornò nella nostra penisola portato dagli Arabi in Sicilia attorno al IX secolo d. C. Si trattava di riso pronto importato dal Nord Africa e dalla Spagna, perché gli Arabi (così erano chiamati coloro che avevano invaso la Sicilia dal Nord Africa) non si interessarono a realizzare delle risaie. Occorre attendere la conquista di Napoli e dell’Italia meridionale avvenuta nel 1282 da parte degli Aragonesi perché si realizzino le prime risaie, e ciò avverrà molto dopo, per volontà di Alfonso d’Aragona (1394-1458), nelle aree acquitrinose attorno a Paestum. E sarebbero stati proprio gli Aragonesi a far giungere il riso nel Nord Italia, in occasione del promesso matrimonio di Isabella d’Aragona (che allora aveva due anni) con Gian Galeazzo Sforza (che aveva quattro anni), promessa fatta nel 1472 e da allora il riso iniziò a essere coltivato nelle aree umide lungo il Ticino e zone d’attorno. Anni dopo, sul finire del 1400, quando era già prodotto nelle risaie del Ducato di Milano, gli Sforza ne regalarono diversi sacchi al Duca di Ferrara e da quel momento le risaie si diffusero in tutta l’area del Delta del Po e dai primi decenni del Cinquecento, per volere della Repubblica di Venezia, anche in tutto il Veneto fino a Verona e nelle terre dei Gonzaga, attorno a Mantova.
 
All’inizio la trasformazione dei terreni agricoli in risaie fu molto osteggiata dalle popolazioni locali, poiché attribuivano alle acque stagnanti la proliferazione della malaria e ci volle un decreto della Repubblica di Venezia del 1527 per sostenerne la coltivazione, ma c’erano ancora resistenze. Così, con un altro decreto del 1533, la Repubblica garantiva a quanti coltiveranno il riso di non gravarli di alcuna tassa e da quell’anno le risaie si moltiplicarono in tutta la terraferma. Da allora il riso è sempre stato ingrediente fondamentale nell’alimentazione delle popolazioni del Nord Italia, sottoposto di continuo a selezioni e incroci fino ad arrivare, con il controllo dell’Ente Nazionale Risi, che tutela e promuove il riso italiano, alle varietà attuali, fra le quali ricordiamo Carnaroli, Arborio, Baldo, Originario, Roma, Sant’Andrea, Vialone Nano, Ribe, Venere, ecc.
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Le ricette più famose

Se è vero che oggi Venezia e il Veneto sono considerate la patria della cucina di riso – si dice che in questa regione si può realizzare un risotto diverso per ogni giorno dell’anno – è altrettanto vero che, nonostante la diffusione della pasta, considerata per eccellenza il primo piatto degli italiani, il riso ha suoi fedeli amatori in tutta la penisola. È ormai assodato che in Italia il più antico piatto di riso è l’arancino siciliano che nasce nel periodo della dominazione saracena in Sicilia, quando durante i banchetti era usanza disporre al centro della tavola un ricco vassoio di riso aromatizzato allo zafferano e condito con verdure e carne. Si può ragionevolmente supporre che la più antica versione dell’arancino sia stata un semplice timballo di riso, naturalmente senza pomodoro che arriverà in Italia dalle Americhe molti secoli dopo. Nel corso del tempo questo timballo è andato assumendo la forma di piccole arance, la cui pianta fu anch’essa introdotte in Sicilia dagli Arabi, presentandosi con una sua piacevole croccantezza. Sembra che questa evoluzione sia avvenuta al tempo dell’imperatore Federico II (1194-1250) cui piacevano tanto gli arancini da farseli portare dai suoi servitori anche durante le battute di caccia. Sarebbe dunque in quegli anni che è stata realizzata la fragrante panatura dell’arancino, ideale per rendere trasportabile questo delizioso timballo che ha sfidato i secoli, ancor oggi preparato non solo in Sicilia ma addirittura nelle regioni del Nord Italia.
 
Un’altra ricetta fra le più antiche è il sartù realizzato dagli Aragonesi. Si dice che i napoletano non amassero il riso e lo chiamassero sciacqua panza o anche sciacqua budella, perché il riso veniva usato più come medicamento che come alimento, dal momento che la Scuola Medica Salernitana lo prescriveva in bianco per le malattie e disfunzioni intestinali. Allora gli Aragonesi, per farlo apprezzare dal popolo, vi aggiunsero carni e ortaggi e così preparato fu accolto perché, finalmente, saziava la fame che nelle classi popolari era sempre tanta. Ma il nome sartù arrivò più tardi, quando la nobiltà partenopea chiamò nelle cucine dei propri palazzi dei cuochi francesi, chiamati monsù e furono questi a rendere molto piacevole e gustoso il riso arricchendolo di sugo rosso (il pomodoro era già arrivato), piselli, carne macinata, ponendo queste prelibatezze “sopra” il piatto di riso, cioè sur tout, da cui il nome con cui il piatto è oggi conosciuto.
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Altro piatto celebre è il risotto alla milanese, con lo zafferano, del quale lo scrittore Carlo Emilio Gadda ha dettato una ricetta letteraria nella rivista “Il gatto selvatico” del 1959, ma un piatto simile lo si realizza anche nel Molise grazie all’importazione dello zafferano dalla Spagna nel XIII secolo a cura del frate domenicano Santucci originario da Navelli, dove si continua a produrre lo zafferano. Un altro piatto famoso è tipicamente veneziano: i risi e bisi che dal Cinquecento il doge serviva alla sua tavola in occasione del pranzo ufficiale nella festa del Patrono san Marco, il 25 aprile e questo piatto continua a caratterizzare la cucina veneziana in occasione della festa del Santo Patrono.
 
Non possiamo poi dimenticare un piatto popolare molto antico e molto diffuso, ancor oggi preparato in numerose famiglie, soprattutto in campagna, seppur assai meno che in passato, è il piatto dei risi e latte, una minestra particolare diffusa anche in Spagna, arricchita a volte da un pizzico di zucchero e una spolveratina di cannella. Oggi l’arte del risotto, piatto tipicamente italiano, è diffusa in tutto il mondo della ristorazione e in tantissime famiglie, anche perché il risotto accetta come compagno – comunque sempre uno solo – ogni altro ingrediente: erbe spontanee di primavera, verdure dell’orto, carni e sughi d’ogni tipo, molluschi, crostacei e pesci, vini e spumanti, formaggi e quant’altro la bravura dei cuochi e casalinghe se unire al riso per esaltare la tavola italiana, anche per questo considerata la più varia e la più interessante del mondo.
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di Giampiero Rorato

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