Alleati per difendere l’eccellenza

Si scrive “Italian sounding”, si legge “fregatura”. È quanto accade nel mondo dell’agroalimentare, tempio dei prodotti italiani e della loro falsificazione.
 
Una stima di Coldiretti del 2019 fa ammontare a circa 100 miliardi di euro il valore del “falso Made in Italy” nel mondo. E quel che è peggio è che spesso sono proprio gli stessi Italiani a falsificare – anziché difendere e proteggere – le proprie specialità. Facciamo alcuni esempi: tutti i professionisti dell’agroalimentare e della ristorazione sanno che se vogliono avere in tavola una mozzarella di bufala campana Dop devono acquistarla da un produttore che aderisce al Consorzio di Tutela della mozzarella di bufala campana. Se invece acquisto un’ottima mozzarella, fatta con latte di bufala, fuori dal territorio di produzione (buona parte della Campania, piccoli tratti di Basilicata e Lazio) o anche all’interno del territorio di produzione ma da un caseificio che non aderisce al Consorzio, non potrò scrivere in menù “Mozzarella di bufala”. E questo discorso vale per tutti i prodotti a marchio comunitario (Dop, Igp, Stg, Doc, Docg...), per i quali mentire non è solo una furbata ma fa rischiare grosso dal punto di vista delle sanzioni. 
 
Questo stesso problema, però, riguarda ancor più quei prodotti non tutelati da marchi comunitari ma su cui operano progetti di salvaguardia e tutela, come i Presìdi Slow Food. I Presìdi Slow Food sostengono le piccole produzioni tradizionali che rischiano di scomparire, valorizzano territori, recuperano antichi mestieri e tecniche di lavorazione, salvano dall’estinzione razze autoctone e varietà di ortaggi e frutta. Un Presidio protegge un prodotto tradizionale e/o una tecnica tradizionale a rischio di estinzione ma anche un paesaggio rurale o un ecosistema che stanno per scomparire.
 
Per lavoro sono spesso in giro e altrettanto sovente mi è capitato di trovare indicati nei menù prodotti il cui nome è seguito dalla dicitura “Presidio Slow Food”. Vi confesso che ho fatto scoperte sensazionali nel corso degli anni, leggendo di Presìdi inesistenti nella realtà o anche apprendendo che addirittura una pizzeria o un ristorante si autoproclamassero Presidio Slow Food. Facciamo un po’ di chiarezza, dunque. Sono convinto che nella maggior parte dei casi questo avvenga in buona fede da parte del ristoratore che intende in tal modo dichiarare la sua distanza dal mondo del “fast food” ma il Presidio è un marchio registrato e quindi conviene fare attenzione. L’elenco dei prodotti che sono Presìdi Slow Food nel mondo è disponibile per tutti sul sito web www.fondazioneslowfood.com alla voce “Presìdi”: qui si trovano anche i contatti dei produttori e dei referenti del progetto, oltre a tutte le schede tecniche. Sullo stesso sito è possibile trovare le schede dei prodotti dell’Arca del Gusto, ossia di prodotti a rischio d’estinzione per i quali però non è stato ancora possibile attivare progetti di tutela diretta. L’Arca del Gusto è un catalogo online che cresce giorno dopo giorno, raccogliendo la denuncia di chi vede i sapori della propria comunità scomparire, portando via un pezzo della cultura e della storia di chi li ha condivisi. Grazie al contributo di tantissime persone, siamo arrivati a oltre 5000 segnalazioni.
 
I ristoratori allora sono chiamati a fare qualcosa di molto importante: non solo acquistare i prodotti dei Presìdi per fregiarsi di un marchio o di un nome da inserire in menù bensì diventare “alleati” dei territori. È quanto avviene con l’Alleanza Slow Food dei Cuochi e dei Pizzaioli. Nicola Fattibene, ristoratore di origine pugliese ma che opera in Trentino Alto Adige, è uno dei leaders del progetto “Slow Food in Azione” che contribuisce a costruire sul territorio le azioni di Slow Food. A proposito dell’Alleanza, Nicola dichiara: “L’Alleanza è un importante elemento di aiuto nella protezione dalle truffe/contraffazioni in due diversi aspetti: quello della qualità e quello della collaborazione. Per la qualità, già affidarsi a fornitori della rete Slow Food o comunque con comprovate caratteristiche di impegno e sostenibilità in senso ampio è una garanzia. Questo si traduce nella presenza su comunicazione, siti, social e menù di loghi e certificati di qualità. Lo stesso Governo pare ora intenzionato a offrire contributi per chi acquista Made in Italy. Ma chi garantisce la continuità di questi acquisti nel tempo e nei volumi reali di consumo di un locale? La seconda via, l’Alleanza (vista come collaborazione tra operatori della filiera) può fornire più garanzie per i rapporti affettivi che si creano da queste collaborazioni. Nell’Alleanza si fa business tra persone sensibili a certi temi e queste persone, che hanno tanto da fare già a casa loro, sono portati ad aprirsi agli altri e anche ad eventi esterni. Spesso i capofila di queste collaborazioni sono molto appassionati e questo, naturalmente, alza l’asticella della qualità. Non è il logo dell’alleanza o le strette maglie della partecipazione a fare la differenza. Credo invece che siano i rapporti stretti tra gli operatori (contadini, cuochi e anche consumatori) a cambiare le cose e garantire l’assenza di frodi o sofisticazioni”. Aggiunge Nicola: “Non solo! Quando tu, cuoco, dici di voler far parte dell’Alleanza ti sottoponi a un giudizio iniziale ma anche a tanti piccoli confronti costanti nel tempo. I produttori si parlano, i cuochi lo stesso e costantemente si confrontano e fanno una sorta di controllo incrociato. Quello che ho sperimentato, spesso, è che questo controllo è motivato dallo scambio e dal confronto e raramente da invidie e spirito di danneggiare gli altri. È la filiera coesa e virtuosa a sostenersi da sé”.
 
La pensa così anche Manuel Lombardi, produttore di Conciato romano, Presidio Slow Food e ristoratore nonché Presidente di Terranostra (Campagna Amica) Campania: “Quella di controllare i Presìdi è una battaglia difficile proprio per alcune mancanze di attenzione da parte del mondo della ristorazione. Ad esempio, io conosco perfettamente chi acquista il mio conciato perché vendo direttamente, senza intermediari. Ma cosa accade a quei produttori che si affidano a distributori d’eccellenza? O che semplicemente hanno un prodotto dal sapore meno riconoscibile del mio formaggio? Molte persone che conoscono i prodotti solo per averne sentito parlare stenterebbero a riconoscerli. Il momento dell’acquisto diventa dunque occasione da non perdere per incontrare i consumatori. Per questo, sia Slow Food sia Coldiretti hanno attivato negli ultimi decenni delle formule di mercati contadini che sono nel tempo diventate centrali. Nel Mercato della Terra di Slow Food ad esempio vi è sempre almeno un laboratorio di analisi sensoriale e di educazione del gusto, oltre alla possibilità di fermarsi a pranzo. Nel Mercato di Campagna Amica di Coldiretti (specie in quello coperto, aperto tutti i giorni), sono presenti il tutor della spesa e un agrichef che ti consigliano come usare i prodotti e, attraverso una app, come conservarli al meglio”.
 
Per sconfiggere le contraffazioni dunque non ci resta che attivare campagne di educazione e di formazione che vanno – come dice Manuel Lombardi – “dalla scuola al mercato, invitando chi va a fare la spesa a fare anche una visita in fattoria per accorciare sempre di più il divario tra gli attori della filiera”.
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di Antonio Puzzi, antropologo dell'alimentazione e giornalista

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