La semplicità di “Cesira”

La pizza di Francesco Pio Comune

Così giovane; eppure, con le idee già così chiare, Francesco, classe 2005 - di origini campane - ha scelto di essere un pizzaiolo.
Anzi, pare sia stato questo lavoro a scegliere lui, come rivela nel corso della nostra chiacchierata.
 

Senza mettere da parte la scuola, ha scelto di accantonare - almeno per ora - la spensieratezza dei vent’anni per inseguire un sogno che ha già preso forma tra farina, lievito e passione.
Oggi lavora nel locale di famiglia - “Cesira”, prima trattoria e oggi anche pizzeria, a San Salvatore Telesino, in provincia di Benevento - e, nonostante la giovane età, ha già collezionato riconoscimenti importanti.
Ogni giorno si mette alla prova, con umiltà e determinazione, per crescere ancora, un impasto dopo l’altro.
Ben consapevole del traguardo che desidera raggiungere, nel frattempo si gode il viaggio, ricco di apprendimento e sperimentazione, ispirandosi alle tradizioni di famiglia e restando fedele alla sua idea di pizza: semplice, curata nei dettagli e, soprattutto, che racconti di sé.
 

Francesco, raccontami chi sei: qual è la tua storia, com’è nato questo amore per la pizza? Cos’è per te, oggi, questo mestiere?
Ho vent’anni e sono nato in Germania ma ho origini campane.
La mia storia da pizzaiolo non nasce da una tradizione familiare: sono la prima generazione.
Tutto è iniziato quasi per caso, quando in una pizzeria serviva una mano. Ho cominciato così, per necessità, mettendo le mani in pasta senza immaginare che quella scelta avrebbe cambiato la mia vita.
Il percorso non è stato semplice. Frequentavo l’Istituto Tecnico Agrario e ho dovuto imparare a conciliare scuola e lavoro.
Questo ha significato sacrificare il tempo libero, rinunciare spesso alle uscite con gli amici e ai momenti di svago ma col tempo mi sono abituato e, proprio tra i sacrifici, ho scoperto una vera passione.
Quello che all’inizio era solo un lavoro si è trasformato in una vocazione.
Ho iniziato a studiare, sperimentare, a capire davvero cosa vuol dire essere pizzaiolo: ci sono tecnica, precisione, creatività ma soprattutto cuore.
Oggi lavoro nell’attività di famiglia ed è lì che continuo ogni giorno a crescere, con la voglia costante di migliorarmi e di onorare questo mestiere che mi ha scelto, quasi per caso ma che oggi sento mio più che mai.
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Sei molto giovane, eppure hai già ottenuto importanti riconoscimenti. Come hai vissuto queste esperienze e cosa hanno significato per te?
Ogni traguardo raggiunto per me ha un valore enorme, proprio perché so da dove sono partito.
Non ho avuto tutto servito: ho iniziato per necessità, ho fatto sacrifici, ho lavorato e sto lavorando sodo, spesso mettendo da parte il tempo libero, le amicizie.
Vivere certe esperienze, come partecipare a gare importanti e ottenere riconoscimenti, mi ha dato una grande spinta.
Più che un punto di arrivo, le considero tappe che mi confermano che sto andando nella direzione giusta.
Sono momenti che mi riempiono di orgoglio ma, allo stesso tempo, mi ricordano quanto è importante restare con i piedi per terra e continuare a migliorarsi.
Questi risultati mi hanno dato fiducia, hanno rafforzato il mio amore per il lavoro e mi hanno fatto capire che, anche se sei giovane e inizi da zero, con impegno e dedizione puoi costruirti qualcosa di tuo.
 

Come descriveresti il tuo stile di pizza? Quali sono le caratteristiche che la rendono “tua”?
Il mio stile di pizza è semplice ma curato nei dettagli.
Credo nella bellezza della tradizione ma mi piace anche aggiungere un tocco personale.
La pizza per me deve essere un equilibrio perfetto tra impasto, ingredienti e cottura.
Parto sempre da un impasto leggero, ben lievitato, che lascia spazio ai sapori ma senza sopraffare il palato.
È fondamentale che sia digeribile e che regga bene la cottura, fragrante ai bordi ma morbida al centro.
Per quanto riguarda gli ingredienti, scelgo sempre prodotti freschi e di qualità.
L’approccio alla scelta dei topping dipende molto dalla pizza che voglio creare: per una Margherita, ad esempio, mi affido alla semplicità del fior di latte dei Monti Lattari, del pomodoro pelato campano e di un filo d’olio extravergine d’oliva di alta qualità, ovviamente di mia produzione.
Infine, qualche foglia di basilico fresco.
Mi piace anche sperimentare con combinazioni più originali, usando ingredienti locali e stagionali, per esaltare sempre i sapori del territorio.
Penso che ogni pizza debba raccontare una storia e la mia pizza racconta un po’ di me: una passione per la tradizione ma anche la voglia di metterci sempre qualcosa di nuovo, qualcosa che la renda unica.
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C’è una pizza legata a un ricordo o a un momento speciale?
La “Francy 2” è la pizza che sento particolarmente mia, è una mia creazione.
Mi ha permesso di raggiungere il mio primo podio al campionato organizzato dall’accademia Pizza Doc di Paestum, a soli 17 anni.
È una pizza che racchiude tutto ciò che amo della cucina e della tradizione.
Gli ingredienti sono pochi ma scelti con grande cura: pomodoro pelato, fior di latte dei Monti Lattari, pomodoro datterino fresco rosso, origano di montagna, olio all’aglio e formaggio grana media stagionatura.
Ogni elemento si fonde perfettamente, dando vita a un sapore che mi ricorda la pizza autentica, quella che ti conquista con la sua semplicità e la qualità degli ingredienti.
Questa pizza mi ha dato tanto, non solo in termini di soddisfazione personale ma anche perché mi ha permesso di dimostrare a me stesso e agli altri cosa posso fare.
 

Qual è il processo creativo dietro una nuova pizza? Da dove parti? Dove prendi ispirazione?
Il processo creativo dietro una nuova pizza inizia sempre dal rispetto per la tradizione ma con un pizzico di curiosità e voglia di sperimentare.
Di solito parto dagli ingredienti: scelgo due prodotti freschi, di alta qualità e, se possibile, locali.
Spesso mi ispira ciò che è di stagione, perché credo che la freschezza e la stagionalità degli ingredienti siano fondamentali.
Poi, penso alla combinazione degli ingredienti, cercando di mantenere un equilibrio che non sopraffaccia nessun sapore ma che permetta a ciascun elemento di emergere.
Ad esempio, un pomodoro con un sapore deciso richiederà un formaggio più delicato, o viceversa.
A volte mi piace giocare con contrasti di sapori, come il dolce e il salato; oppure, aggiungere un ingrediente che sorprenda, come una crema particolare o un’erba aromatica.
Mi ispirano spesso anche esperienze vissute, ricordi: un viaggio, un piatto mangiato al ristorante o un piatto tradizionale che ho visto preparare in famiglia.
Il mio obiettivo, quando penso a una nuova pizza, è sempre quello di creare un equilibrio tra innovazione e tradizione, per offrire qualcosa che sorprenda, ma che rimanga comunque fedele alla vera essenza della pizza.
 

Escludendo la tua pizza preferita, quella del cuore, quale mi faresti assaggiare? Raccontami com’è fatta.
Ti farei assaggiare una creazione recente: la “Genovese di tonno”, è una pizza molto particolare, nata dal desiderio di unire il sapore deciso della tradizione campana con un tocco marinaro.
Alla base, c’è uno stracotto di quattro tipi di cipolle che preparo lentamente e frullo dopo la cottura per ottenere una crema dal sapore che definirei profondo e avvolgente.
Metto la crema e il fior di latte dei Monti Lattari, poi si completa con un filetto di tonno dell’Antica Marineria, proveniente dalla storica famiglia Gallo di Salerno, cicoria arrostita, basilico fresco e, ovviamente, il mio olio extravergine di oliva.
È una pizza che racconta una storia fatta di territorio, tecnica e rispetto per le materie prime.
Un equilibrio tra dolcezza, intensità e freschezza, che sorprende sempre chi la prova per la prima volta.
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di Noemi Caracciolo

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