Dal cacao al cioccolato

tipologie, coltivazione e lavorazione

Nel mondo del cioccolato, se probabilmente tutti conoscono perfettamente la distinzione tra tavoletta, pralina, cioccolatino, gianduiotto e tartufo, se apprezzano le sfumature tra percentuali diverse di cacao, se hanno imparato a degustare, è probabile invece che non tutti sappiano riconoscere la pianta del cacao, ne conoscano le varietà e i paesi produttori. Più difficile, poi, è arrivare a ricordare tutte le fasi del processo di lavorazione, che porta insomma dalla pianta alla tavoletta. Partiamo allora dall’inizio, per conoscere meglio il “cibo degli dei”.
Interna1.jpg
La pianta del cacao si chiama Theobroma cacao, è originaria dell’America centro-meridionale e trova le migliori condizioni di crescita nelle zone calde e umide, 20 gradi a nord e a sud dell’equatore. È una sempreverde, che può arrivare a 15-18 m di altezza ma che per facilitare il raccolto viene tagliata ad una altezza di circa 6 m. È una pianta di non facile coltivazione: ha bisogno infatti di una temperatura compresa tra i 18°-32°, umidità attorno a 80- 100% e luce intensa ma indiretta. Le piante cominciano a produrre frutti dopo 3-4 anni e vivono in genere 50-60 anni: ogni pianta produce circa 20-100 frutti (cabosse) all’anno. Crescono sul tronco e sui rami principali e hanno colori e forme variabili a seconda della pianta: rosso, giallo, marrone, verde. Ogni frutto pesa circa 500-1500 gr, ha un guscio duro contenente da 20 a 50 semi (fave) avvolti in una polpa biancastra: viene staccato con lunghe lame e aperto subito per togliere le fave, il cui colore varia dal bianco (le migliori) al viola-rosato. Il loro sapore è acidulo, privo di aroma di cacao. Per ottenere 1 kg di fave secche, servono circa 20 frutti.Secondo una classificazione comune, le piante del cacao sono raggruppabili in 3 grandi famiglie: il Criollo, il Forastero ed il Trinitario. Il Criollo è la varietà più pregiata, delicata, che fornisce circa il 2% del cacao mondiale. È originaria del centro America e si trova anche nella parte nord dell’America del sud, soprattutto in Ecuador e Venezuela. È la più sensibile agli influssi meteorologici e la più difficile da curare. A fronte di rese quantitativamente inferiori, la qualità è altissima: non a caso il Criollo è chiamato anche “cacao aromatico o fine”. I semi, bianchi, sono più ricchi di aromi e molto profumati, poco amari e poco acidi. A causa della sua delicatezza, viene lavorato con maggior cura e si utilizza per cioccolato di alto pregio.
Unknown-6.jpeg
Il Forastero, meno pregiata, fornisce il 90% del cacao ed è la più diffusa e coltivata, soprattutto in Africa occidentale, Brasile e Asia del sud est. Gli alberi sono più robusti e resistenti alle intemperie e danno un raccolto maggiore. I suoi semi sono violetti e dal sapore lievemente amaro. Alcune qualità tuttavia sono più fini e aromatiche: tra queste meritano di essere menzionate il cacao Arriba o Nacional, dall’Ecuador. Infine il Trinitario, ibrido dei primi due, con caratteristiche intermedie e che fornisce l’8% del cacao. Originario della bassa Amazzonia, viene coltivato in Messico, Caraibi, Colombia, Venezuela, Asia Sud-Orientale. Tra le varietà di Trinitario che meritano di essere citate, c’è il cacao Hispaniola, un misto tra un Criollo e un Trinitario che proviene dalla Repubblica Dominicana. Nonostante questa sia la classificazione più nota, bisogna precisare che spesso in realtà le piante in natura sono ibridi di queste 3 famiglie: recenti ricerche genetiche hanno quindi rivisto questa rigida classificazione approfondendo le caratteristiche varietali.
L’albero del cacao fiorisce e produce frutti durante tutto l’anno ma il raccolto si concentra in due periodi, quello principale, che inizia alla fine del periodo delle piogge, in ottobre, e dura fino all’inizio del periodo secco ed il secondo raccolto, più ridotto, che avviene nel mese di marzo, all’inizio del successivo periodo di pioggia.
 
Unknown-7.jpeg

La lavorazione

La lavorazione ha inizio con la raccolta: i frutti vengono staccati dalla pianta ed aperti per estrarne le fave, in genere allineate in cinque file longitudinali ed avvolte in una polpa agrodolce. Raspate dal frutto assieme alla loro polpa, le fave vengono ammucchiate in contenitori di legno o riposte in cesti oppure distese in grosse casse piatte. Distese e coperte da ramoscelli o foglie di banano, le fave vengono lasciate riposare da 2 fino a 6 giorni (arrivando anche a 8 per i cacao migliori): è la fase della fermentazione, che inizia naturalmente e che può far raggiungere alla massa temperature di 50°. I grossi mucchi di fave e polpa vengono più volte rimescolati per garantire una fermentazione regolare: è in questa fase che si sviluppano i primi aromi del cacao. Il naturale gusto astringente ed amarognolo delle fave, che diventano marroni, perde progressivamente intensità e si creano, allo stesso tempo, le prime gradazioni aromatiche dalle quali si formerà poi, con essiccazione e tostatura, il vero e proprio aroma del cacao. Segue la fase di essiccazione che riduce l’umidità delle fave, impedisce lo sviluppo di muffe e riduce la carica acetica: dura da qualche giorno a 2-3 settimane e può essere naturale (sotto il sole) o artificiale (in appositi essiccatoi).
Unknown-7.jpeg
Seguono le fasi di calibratura e classificazione delle fave, volti ad assicurare che esse siano sane, fermentate in modo corretto e che corrispondano perfettamente ai requisiti analitici previsti. Inserite in sacchi di iuta (50-70 kg), classificato e trasportate nei centri di raccolta, le fave vengono poi stoccate in silos climatizzati. Prima del processo di lavorazione vero e proprio, il cacao grezzo subisce una fase di pulitura: attraverso setacci e spazzole meccaniche le fave vengono eliminati tutti i residui di legno e sabbia, mentre altre polveri sottili vengono aspirate da ventilatori; le eventuali particelle metalliche vengono trattenute da calamite. Infine speciali macchinari si occupano di eliminare i piccoli sassi presenti. Segue una fase particolarmente delicata, quella della tostatura, fondamentale per la qualità finale. La tostatura ha infatti lo scopo di far sì che gli aromi si sviluppino pienamente. In questa fase l’umidità scende all’1-2%: la tostatura viene effettuata a 120- 180° per una durata che varia da 15 minuti per le varietà pregiate a 1 ora per le varietà ordinarie.
Unknown-7.jpeg
Il successivo raffreddamento delle fave fa sì che la frantumazione sia più facile, separando la buccia – rimossa per aspirazione - dalla granella. La granella subisce dapprima una macinatura inizialmente grossolana e poi successi- vamente sempre più fina. Il calore generato dalla pressione e dallo sfregamento fonde il burro di cacao contenuto nei semi (circa il 50% del loro peso). Da questa macinatura si ottiene la pasta di cacao, una densa massa liquida di colore bruno, che viene successivamente sottoposta a pressatura. La massa viene pressata a 400 atm., separando così la parte grassa (burro di cacao) dalla parte secca (cacao in polvere). Il burro di cacao è un grasso nobile, dal grande valore organolettico. Una volta filtrato e pulito, assomiglia al burro da tavola ma è notevolmente più solido. Miscelato in seguito alla massa di cacao, le conferisce una struttura fine, elegante e scioglievole, oltre che una bella lucentezza. Dall’operazione di pressatura che separa il burro dal resto, rimane un’ulteriore massa, che a seconda della pressatura, contiene ancora dal 10% al 20% di materia grassa. Macinandola e passandola al setaccio, ecco la polvere di cacao. La fase successiva è quella che prevede la miscelazione: alla pasta di cacao vengono infatti aggiunti altri ingredienti (zucchero, burro di cacao, lecitina, vaniglia...) responsabili dell’aroma e della struttura del cioccolato.
Unknown-7.jpeg
Si passa quindi alla raffinazione - l’impasto viene raffinato tra cilindri rotanti, per ridurne la granulometria, e al concaggio, operazione fondamentale. Il cioccolato viene immerso in conche e mescolato a temperatura costante fino a 72 ore: in questo modo si eliminano così eventuali residui di umidità, aromi sgradevoli, eccessi di amarezza e sostanze volatili (acidi), riducendo ulteriormente le particelle. Si passa quindi al temperaggio: il cioccolato che ha terminato la fase di concaggio e che ha una temperatura di circa 40°, passa in una temperatrice che ne abbassa (è il caso del fondente) la temperatura a 28° per poi riportarla a 31°. La differenza termica subita dal prodotto riduce i cristalli instabili del burro di cacao regalando al cioccolato lucentezza, conservabilità e consistenza. Il cioccolato liquido viene quindi versato in stampi di acciaio (fase di colaggio) fatti avanzare su un nastro sottoposto a vibrazioni continue al fine di eliminare il più possibile le bolle di aria all’interno del cioccolatino o della tavoletta. Il passaggio attraverso una fase di raffreddamento consente infine che il cioccolato si possa staccare con facilità dagli stampi, per essere poi essere incartato, confezionato e venduto.
Unknown-7.jpeg

La Compagnia del Cioccolato

Chi da anni svolge un ruolo fondamentale nella divulgazione della conoscenza del cioccolato è la Compagnia del Cioccolato. Si tratta dell’associazione di consumatori esperti ed appassionati di cioccolato, che ne tutela il consumo, e contribuisce a informare e orientare consapevolmente soci e consumatori. Fondata nel 1995 a Perugia e attualmente presieduta da Gilberto Mora, la Compagnia è diventata negli anni un punto di riferimento nella difesa del cioccolato di qualità e ha visto progressivamente crescere il numero dei suoi associati (tra i quali si contano appassionati, degustatori professionali, giornalisti, esperti food e raffinati gourmet) che oggi arriva a superare il migliaio. Ogni anno la Compagnia assegna il Premio Tavoletta d’Oro, che rappresenta la fotografia più attendibile sulla produzione artigianale italiana e il riconoscimento più autorevole alla produzione di qualità in Italia, frutto del risultato di decine di giudizi degustativi assegnati secondo le schede di valutazione. Periodicamente la Com- pagnia del Cioccolato organizza corsi per Chocolate Taster, per intraprendere un percorso verso la figura di degustatori professionisti; serate di degustazione ed abbinamento; convegni di studio e aggiornamento; eventi tematici. Dal 1995 ad oggi ha pubblicato una Guida con l’analisi specifica dei cioccolati in vendita in Italia e preparato i Quaderni del cacao e del cioccolato, uno strumento di divulgazione. Infine, dal 2013 ha attivato il progetto “I luoghi del cacao”, con l’obiettivo di scoprire e selezionare le migliori materie prime da offrire, con esclusiva per piantagione, ai cioccolatieri italiani. Venezuela, Colombia e Ecuador sono i paesi produttori coinvolti.
Unknown-7.jpeg
autore.jpg

di Caterina Vianello

E se il pub del futuro fosse senza alcol?

Bere senza alcol ma senza perdersi il gusto di un cocktail o di una birra? Si può… Una...

IL PIZZATORE: ERRICO PORZIO

Errico Porzio, originario di Soccavo, un quartiere di Napoli, è un pizzaiolo del...

Sotto il segno del pomodoro: storie di pizza e di sfide golose

Alla fine, l’ho fatto: ho intervistato Gemini, l’AI di Google. Perché, anche se vi...

I “fuori cottura”

Sono l’incubo dei pizzaioli, il cruccio dei proprietari, il simbolo della pizza...

L’agriturismo del futuro

Da tempo diffusi in tutta Italia, gli agriturismi hanno iniziato la loro storia in...