Andiamo alle origini

La storia della pizza

La storia della pizza inizia millenni prima che venga coniato il nome con cui oggi conosciamo questa preparazione. E abbiamo pure visto che, nel corso dell’ultimo millennio la parola pizza è andata lentamente assumendo il significato di “schiacciata di pasta” o, più esattamente, “impasto d’acqua e farina schiacciato” e nei dizionari italiani vengono riportati poi molti sinonimi, come crostata, offa, piccia, stiacciata, schiacciata, sfogliata, focaccia, pizza schiacciata.
La nostra parola deriva probabilmente da pinsa, che è il participio passato del verbo latino pinsère, che significa: pestare, schiacciare, pigiare, frantumare, macinare, ridurre in poltiglia. Dallo stesso etimo pinsa trae origine, con ogni probabilità, il già ricordato termine veneto pinza, che è il nome del tradizionale dolce del Veneto orientale e del Friuli, preparato nelle case e nei forni di paese in occasione della festa dell’Epifania (6 gennaio), dallo spessore piuttosto basso, di forma rotonda o rettangolare; ma è pure il nome di una schiacciata confezionata con farina di grano o di castagne, con aggiunta di olio, cotta sotto la cenere. Altro piatto di questo nome è la pinza onta polesana, realizzata con un impasto di farina, acqua, strutto e lievito, con aggiunta di sale e rosmarino.
Vista la molteplicità di significati e di varianti grafiche e il legame con molte preparazioni di un passato anche antico, non ci resta che andare indietro nella storia e, seguendo il cammino dell’uomo, dalle epoche preistoriche ad oggi, cercheremo di individuare con più chiarezza e precisione l’oggetto indicato dalla parola pizza, un termine che ha tormentato tanti linguisti, storici e gastronomi. Nello stesso tempo vedremo come si sia evoluto nel corso del tempo questo alimento, presente attualmente sulle tavole di tutto il mondo.
E sarà una storia molto affascinante.
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Nella lontana preistoria

Si può affermare che la pizza è uno dei più antichi alimenti ancora totalmente presenti nella moderna ristorazione, un cibo che risale ai primordi della civiltà umana o ancor prima, nella lontanissima preistoria, quando l’uomo era un intrepido e provetto cacciatore e pescatore e alla donna era riservato il compito di raccogliere i prodotti vegetali che la natura mette da sempre a disposizione. E fu raccogliendo, pestando e impastando i semi dei cereali selvatici, raccolti durante i continui trasferimenti a quei tempi i gruppi umani, legati fra loro da parentela di sangue, erano nomadi che le donne d’allora giunsero a confezionare le primitive schiacciate di pane che poi mettevano a cuocere su pietre roventi e impiegate per accompagnare le altre vivande, come i frutti della caccia e della pesca.
 
Il procedimento per preparare quell’antica schiacciata progenitrice del pane e della pizza era molto semplice. Le donne, sia durante le lunghe migrazioni sia con apposite escursioni per i prati e le colline se vivevano nelle grotte o nelle palafitte raccoglievano tutti i semi maturi dei cereali che trovavano, li portavano dove la tribù si fermava o dove viveva, li versavano sopra una pietra liscia piuttosto grande o nell’incavo di un masso e li pestavano servendosi di una pietra idonea fino a ottenere una polvere grossolana. Quando serviva, bagnavano il farinone ottenuto, lo impastavano, riducevano l’impasto a forma di disco sottile, quindi le mettevano a cuocere sopra una pietra precedentemente arroventata. Per cuocere bene, il disco di pasta doveva essere molto sottile. Questo modo di procedere molto antico è ancor oggi diffuso presso le popolazioni rimaste ancorate alle tecniche primitive, come certe tribù di beduini che vivono nella fascia desertica del Nord Africa e del Vicino Oriente.
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Le antiche polente

Per completezza, è doveroso conoscere un altro metodo per utilizzare la farina grezza di cui abbiamo parlato e anche questo lavoro era compito delle donne. Versavano dunque la farina grezza ottenuta in un recipiente dove c’era dell’acqua e ponevano il recipiente anticamente di terracotta poi di metallo sopra la fiamma e, sempre mescolando, ottenevano una specie di polenta molto più tenera e digeribile rispetto alle schiacciate prima illustrate. Entrambe queste tecniche, frutto dell’ingegno di un’umanità ancora primitiva, sono state gradualmente affinate nel corso del tempo, dando origine alle due preparazioni ancor oggi fondamentali soprattutto nell’area mediterranea: il pane e la polenta.
 
I dischi di pasta, il cui spessore dipendeva dalla possibilità di cuocerli in modo adeguato, sono stati chiamati successivamente anche focacce ed erano confezionati con una farina grezza che comprendeva tutte le componenti del chicco, tra cui anche il pericarpo (la “buccia” esterna) e perciò erano, come si direbbe oggi, di farina “integrale”, che non era né fine né soffice. Siamo appena agli inizi della lunga storia dell’uomo, ma già allora e sono passati diversi millenni si incontra questo alimento particolare, questo disco di pasta confezionato con farina di vari cereali, cotto su pietre roventi, non ancora arric- chito di aromi, di erbe o formaggio, come invece succederà, e lo vedremo più avanti, ai tempi dell’antica Roma.

Le prime schiacciate

Anche gli antichi si nutrivano di cereali, e nella Mezzaluna fertile come nell’area attorno al Mediterraneo le donne raccoglievano i semi dei cereali, li pestavano, impastavano la farina grezza così ottenuta con un po’ d’acqua e preparavano delle focacce molto sottili che cuocevano sopra delle pietre sulle quali prima avevano acceso il fuoco per riscaldarle. Tuttavia, un ritrovamento di una pizza preistorica avvenuto nel 1992 sulle sponde del Lago di Garda, ci spinge a credere che la pizza fosse fatta ancor prima. In quell’anno la sezione di Preistoria del Museo di Storia Naturale di Verona ha condotto delle ricerche, su commissione del Ministero dei Beni Culturali, sulla palafitta dell’età del bronzo, in località La Quercia. Durante le operazioni di scavo dirette dalla dr.ssa Alessandra Aspes, oggi direttore del Museo, è stata rinvenuta una focaccina schiacciata e bruciacchiata del diametro di 12 cm. Oggi possiamo ripetere quell’antica operazione impiegando della farina integrale, che ha un alto contenuto di ceneri o crusca (1.4/1.6 % circa) che in breve sono i tre strati esterni che compongono la nostra cariosside o chicco di grano, precisando che, dato l’uso ancora diffuso di prodotti chimici, il “pericarpo” (la buccia esterna) dei chicchi di frumento può aver assorbito questi prodotti nocivi per la salute. Per questo motivo è difficile trovare dei terreni totalmente immuni dalla presenza della chimica (in passato usati con esagerata e incosciente abbondanza) o di altri prodotti nocivi (ad esempio: le piogge acide), per cui è necessario eliminare sempre e comunque il “pericarpo”.
Quello che in macinazione conviene conservare sono il “tegumento interno”, che si trova sotto il “pericarpo”, e contiene proteine e sostanze minerali e lo “strato aleuronico”, anche questo ricco di proteine e sostanze minerali, a diretto contatto della parte interna del chicco, detta “endosperma”, che è poi la farina bianca, naturalmente da conservare e impiegare.
Eliminato dunque il “pericarpo”, conservando tutti gli altri elementi e macinandoli assieme al “germe”, si ha la farina integrale ed è questa che noi usiamo per avvicinarci alle “focacce” o “schiacciate” delle popolazioni primitive.
Ed ecco, con la collaborazione del Maestro pizzaiolo Graziano Bertuzzo, responsabile dell’area tecnica della Scuola Italiana Pizzaioli, le varie fasi di confezione e cottura di queste antiche schiacciate, che sono le antenate del disco di pasta che i pizzaioli preparano come base delle moderne pizze.
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di Caterina Orlandi

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