Grazie al dazio
Il profumo di pasta che si leva dai pastifici sparsi per l’Italia, dove il vento gentile accarezza ancora i telai carichi di rigatoni, spaghetti e paccheri, racconta una storia che attraversa l’oceano per approdare sulle tavole americane. È un profumo che vale 65 miliardi di euro l’anno ma non sono solo cifre: è parte del respiro stesso dell’export italiano verso gli Stati Uniti, oggi minacciato da una tempesta tariffaria che promette di ridisegnare le geografie del commercio internazionale. Nel silenzio operoso delle fabbriche farmaceutiche della Campania, nelle officine meccaniche lombarde, nei vigneti di tutte le province, si avverte la tensione di un momento storico dove l’aliquota flat del 15% già concordata rischia di trasformarsi in modo imprevedibile, in un crescendo che ricorda le guerre commerciali del secolo scorso.
Il Teatro Globale della Guerra dei Dazi
Se guardiamo oltre l’Atlantico, scopriamo che l’Italia non è sola in questa danza pericolosa. Con un deficit commerciale USA di 1.100 miliardi di dollari nel 2024, l’amministrazione Trump ha orchestrato quella che viene definita una politica di “reciprocità totale”, dove ogni dazio europeo trova il suo contraltare amplificato. La formula matematica è spietata nella sua semplicità: il deficit commerciale diviso per le importazioni, poi dimezzato, genera l’aliquota da applicare. A questo calcolo si aggiungono poi azioni come quella in corso mentre scrivo questo articolo, con un’indagine antidumping (un sistema che confronta i prezzi di vendita delle merci importate con quelle prodotte internamente) che potrebbe potenzialmente portare i dazi sulla pasta a circa il 107% di quanto pagato oggi!
La Germania, nostro primo partner commerciale in Europa, affronta sfide simili ma con una struttura industriale che le permette maggiore resilienza. Francia ed Italia, che hanno entrambe fatto i conti con il fatturato dell’industria del lusso, dell’agroalimentare, del farmaceutico e dell’aerospaziale, hanno trovato vie alternative attraverso accordi bilaterali nel settore energetico. L’accordo include, infatti, l’acquisto di gas naturale liquefatto USA da parte dell’UE, una contropartita che dimostra come la partita si giochi su più tavoli contemporaneamente.
Se guardiamo oltre l’Atlantico, scopriamo che l’Italia non è sola in questa danza pericolosa. Con un deficit commerciale USA di 1.100 miliardi di dollari nel 2024, l’amministrazione Trump ha orchestrato quella che viene definita una politica di “reciprocità totale”, dove ogni dazio europeo trova il suo contraltare amplificato. La formula matematica è spietata nella sua semplicità: il deficit commerciale diviso per le importazioni, poi dimezzato, genera l’aliquota da applicare. A questo calcolo si aggiungono poi azioni come quella in corso mentre scrivo questo articolo, con un’indagine antidumping (un sistema che confronta i prezzi di vendita delle merci importate con quelle prodotte internamente) che potrebbe potenzialmente portare i dazi sulla pasta a circa il 107% di quanto pagato oggi!
La Germania, nostro primo partner commerciale in Europa, affronta sfide simili ma con una struttura industriale che le permette maggiore resilienza. Francia ed Italia, che hanno entrambe fatto i conti con il fatturato dell’industria del lusso, dell’agroalimentare, del farmaceutico e dell’aerospaziale, hanno trovato vie alternative attraverso accordi bilaterali nel settore energetico. L’accordo include, infatti, l’acquisto di gas naturale liquefatto USA da parte dell’UE, una contropartita che dimostra come la partita si giochi su più tavoli contemporaneamente.
L’anatomia di un Export sotto assedio
I numeri che ho raccolto testimoniano una realtà complessa e sfaccettata. L’export italiano nel 2024 ha raggiunto i 623,5 miliardi di euro complessivi con gli Stati Uniti che rappresentano il 10,4% delle nostre esportazioni, rendendoli il nostro primo mercato extra-UE. Ma è nella granularità dei settori che si nasconde la vera storia: i macchinari industriali guidano con 12,8 miliardi, seguiti dalla farmaceutica con 10 miliardi, l’automotive con 7,9 miliardi prima dei dazi al 25%, e l’agroalimentare con 7,8 miliardi (dati Startmag).
I numeri che ho raccolto testimoniano una realtà complessa e sfaccettata. L’export italiano nel 2024 ha raggiunto i 623,5 miliardi di euro complessivi con gli Stati Uniti che rappresentano il 10,4% delle nostre esportazioni, rendendoli il nostro primo mercato extra-UE. Ma è nella granularità dei settori che si nasconde la vera storia: i macchinari industriali guidano con 12,8 miliardi, seguiti dalla farmaceutica con 10 miliardi, l’automotive con 7,9 miliardi prima dei dazi al 25%, e l’agroalimentare con 7,8 miliardi (dati Startmag).
