Le foglie di curry

Appuntite e slanciate, le foglie verdi e lucide dell’albero del curry somiglianti un po’ alle foglie d’alloro anche se più piccole e sottili, sono molto presenti nella cucina dell’India e dello Sri Lanka. Esse provengono da un alberello della famiglia degli agrumi e in India sono chiamate “kari phulla” o “foglie di nom” e ogni ramo sottile di questi alberelli ha una ventina di foglie. L’aroma che esse emanano è molto intenso e sa di muschio e di nocciolo che si prolunga in un gusto di limone e mandarino, con finale leggermente amarognolo. Basta strofinare fra loro le foglie o scuotere leggermente l’alberello e si sprigiona subito un profumo molto intenso.

Fondamentali in molti piatti della tradizione indiana, pane e kebab inclusi, le foglie dell’albero del curry lasciate seccare e ridotte in polvere, sono presenti anche nell’India del Sud. Si possono anche soffriggere nell’olio per profumarlo e poi cuocere con esso qualsiasi alimento o aggiungere le foglie poco prima di togliere l’alimento dal fuoco. Sempre in India, ma anche nello Sri Lanka e in aree della Thailandia, queste foglie sono spesso ingrediente dei “garam masala” e di altre miscele a base di curry indiani. Le foglie si aggiungono anche nei brodi, nelle minestre, nelle frittate e nelle salse. Nel Gujarat, che è lo stato più occidentale dell’India, le foglie di curry sono un ingrediente abituale dei piatti di verdura e sono essenziali nella tecnica indiana dello “tempering” nella quale queste foglie si mettono in padella assieme ai semi di senape e assafetida e si fanno rosolare nell’olio bollente per far sprigionare il loro forte aroma e la “tadka” che si ottiene viene versata sul curry. 
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Come abbiamo detto, le foglie fresche emanano un aroma forte e caratteristico, molto meno intenso quello delle foglie secche. Ma sono proprio queste ultime che si trovano anche in Europa nei negozi specializzati. Per chi ama questi aromi, pur estranei ai nostri gusti ma presenti in diversi piatti della cucina internazionale di origine indiana, specialmente in Inghilterra, in virtù degli antichi rapporti coloniali con l’India, si consiglia di usare la polvere ottenuta dalle foglie secche o dall’olio in cui le stesse sono state rosolate, per profumare un piatto di legumi, oppure unendo le foglie (o la loro polvere) ad altre spezie, in particolare lo zenzero, i semi di senape, il coriandolo, il peperoncino oltre che per aromatizzare legumi, lenticchie, cavoli, patate, melanzane, anche carni di agnello e capretto, pollo e manzo.

Si capisce benissimo che trattandosi di un aroma estraneo alla tradizione europea è difficile trovarlo, ma in epoca di globalizzazione che ci consente di trovare con facilità tutto quello che si produce nel mondo – cosa questa possibile da pochi decenni – anche in Italia ci sono cucine indiane o dello Sri Lanka che impiegano le foglie di curry e il passaggio da queste cucine a piatti di cuochi nostrani, curiosi di novità, come anche di pizzaioli che amano presentare nelle loro pizze aromi di tutto il mondo – ho conosciuto un pizzaiolo che ha preparato 100 pizze d’ogni parte del mondo – è facile e veloce.

Nulla di male, tutt’altro, se l’incontro con spezie quasi sconosciute come le foglie di curry ci aiuta a conoscere altri popoli, altre cucine e altre culture, ne guadagniamo sia in gusti che in saperi. 
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di Giampiero Rorato

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