Chef Alessandro Rorato, un maestro della ristorazione moderna

Tra Italia e Giappone con Ittiko, a San Vendemiano, Treviso

“Ho cominciato giovanissimo – 16 anni – in un ristorante stellato – il Benvegnù - che ora non c’è più. Ho fatto una bella esperienza, faceva cucina francese e veneta a Cessalto; ebbi una fortuna incredibile ad entrarvi, dopo un solo paio di stagioni fatte al mare. Da lì sono passato al ristorante Villa Revedin a Gorgo al Monticano, primo ristorante a proporre la cucina di pesce moderna, a creare un menu degustazione con la cucina di pesce. Li dopo un paio d’anni divenni Chef, e ci rimasi dal ‘79 al ‘91. Durante questa esperienza ho avuto la fortuna di incontrare dei clienti giapponesi che vennero a pranzo – la famiglia Okigji, titolare del “Rondino”, ristorante di cucina italiana a Kamakura, antica capitale giapponese nei pressi di Tokyo – che dopo aver pranzato, rimasti entusiasti, chiesero di conoscermi e mi fecero una proposta di collaborazione professionale. Stavano aprendo un nuovo ristorante a Sendai e mi chiesero una consulenza. Da lì comincio quella che è diventata un’amicizia - più che una collaborazione - trentennale. Tranne quest’anno causa Covid mi reco in Giappone – paese straordinario – da più di trent’anni: cominciai insegnando cucina italiana in cambio dell’apprendimento della cucina giapponese. Il vantaggio professionale è stato che sono stato il primo in Veneto a proporre la cucina giapponese; ricordo delle magnifiche serate spot al ristorante La Giraffa a Fontanelle - preso in gestione dopo l’esperienza a Villa Revedin – con la partecipazione dei miei amici giapponesi in costume. Eravamo ad inizi anni 90 e la cucina giapponese non era ancora così diffusa: c’era un ristorante a Milano e uno a Padova ma nel complesso la presenza e la conoscenza erano minime. Io ho insistito finché il tempo mi ha dato ragione. Quello che mi ha arricchito professionalmente e umanamente è stato lo scambio culturale e professionale, grazie anche ai tanti ragazzi giapponesi che venivano a fare gli stage ogni anno. Col tempo ho visto che tutti i grandi chef hanno avuto contatti ed interscambi proficui col Giappone, paese che ha non una ma dieci marce in più rispetto a noi, sotto molti aspetti.” 
 
Alessandro Rorato, che conduce con la socia Ornella e un’affiatata squadra Ittiko – “Il pronto di pesce a tavola” come da mission aziendale – ci conduce con i suoi ricordi lungo una vita trascorsa ad apprendere e a vivere con passione ed entusiasmo sfide e opportunità presentatesi lungo il cammino. Imprenditore ma prima di tutto colto e raffinato chef, di grande e matura professionalità, la sua stella polare è quella della curiosità che declina nella sete di conoscenza verso altre culture così come nella volontà di far propri i progressi nelle tecniche di cottura e nella tecnologia a disposizione dei professionisti della ristorazione. 
 
“Ho investito umanamente e professionalmente ed ho ricevuto moltissimo; è stato un arricchimento umano prima del business, soprattutto nel rapporto con questa famiglia di imprenditori con i quali tutto è cominciato. È proprio questo a mio avviso il senso profondo del viaggio, della conoscenza. Come ti accennavo prima La Giraffa è stato il mio ultimo ristorante; era una trattoria storica dimora di caccia della millenaria famiglia patrizia veneziana Marcello, che conta tra i propri avi anche un Doge ed un musicista (Benedetto Marcello). Mi fecero una proposta per gestirlo e ci rimasi vent’anni. Tutto ha un inizio e una fine ma a me piace costruire un percorso delineato nel tempo. Erano gli anni del boom economico e avevo raggiunto livelli di stress insopportabili... Stanco di tutto ciò un giorno di un Ferragosto mi venne l’idea di cambiare. Cominciai pensando che non volevo più fare il veglione di Capodanno con i clienti al ristorante e decisi di fare un menù da asporto, per chi avesse voluto fare il cenone a casa. Tutti mi guardarono malissimo ma possiamo dire che quello ha rappresentato il seme dell’attività che ho adesso. Una volta deciso di provare questa strada, a posteriori posso dire che il dado era stato tratto e in realtà avemmo subito successo: 135 menù già il primo anno. Questa è stata la spinta che mi ha portato ad Ittiko; gastronomia esclusivamente focalizzata sul pesce della nostra tradizione e di quella giapponese nata – prima del genere in Italia – nel 2008. Non c’era nessuno che avesse fatto questo tipo di lavoro basato sulla vendita sia al banco che da asporto, con cottura sottovuoto e in atmosfera protettiva con più di 60 tipi di pesce proposti al pubblico senza uso di conservanti. Quand’ero ancora al ristorante comprai tutte le attrezzature, feci tra i 4 ed i 5 anni di esperimenti al ristorante sulle tecniche di cottura e conservazione e poi, trovata la quadra, ho aperto. Posso dire ora che fu una scommessa ed anche un salto nel buio, perché non c’era davvero nessuna attività di questo tipo cui parametrarsi: l’unico era il Giappone, perché loro sono avanti 10 anni rispetto a noi anche per quanto riguarda questa tipologia di locali.” 
 
Quali gli “ingredienti” necessari per riuscire? 
“Ho messo assieme diversi fattori: la mia esperienza e la mia tecnica, le nuove tecnologie a disposizione e la volontà di non utilizzare i conservanti, che mi ha portato a una grande sfida vinta dopo tanti errori – che fanno parte del processo di apprendimento e miglioramento – ed esperimenti che oserei definire infiniti. Fortunatamente a posteriori posso dire che è andata bene. Subito nel 2008 c’è stata la crisi finanziaria e abbiamo stretto i denti, e ora raccogliamo quanto abbiamo seminato proprio magari quando ci si aspetterebbe il contrario. Noi come business model eravamo già pronti a questo tipo di vendita e di proposta al cliente, senza dover iniziare dal nulla un nuovo sistema di servizio: in questo sono solidale con i colleghi perché so perfettamente quanta fatica ci sia dietro avendolo sperimentato anni fa.” 
 
Quali le maggiori difficoltà nel concepire un prodotto che deve arrivare nelle case nel miglior stato possibile? 
“Ti posso parlare della mia esperienza. Fin dall’inizio – quando è apparsa – ho perseguito l’utilizzo della tecnica del sottovuoto e devo dire che tuttora è quella che mi permette di avere a disposizione una grande varietà di materie prima mantenendo una qualità altissima. Dall’insalata di polipo a quella di mare passando per quasi tutti i tipi di pesce questa tecnica ti permette di preparare e vendere con degli standard davvero elevati. Bisogna ovviamente studiare e dedicarcisi ma una volta padroneggiata si riesce ad avere sempre uno stoccaggio di prodotti rigenerabili ed elaborabili in pochissimo tempo per poi servirli e/o venderli, oltre a un’efficiente organizzazione del lavoro. Questo lo considero il primo passo. Il secondo è la ricerca sul packaging, sia che si voglia consegnare il prodotto caldo che da rigenerare. Noi ad esempio non consegniamo il prodotto caldo perché trattando – si di pesce – aldilà di un fritto o di un pesce al forno – rischieremmo di snaturare il prodotto: il tempo che passa dalla preparazione alla consegna a casa – ripeto, per il pesce – è troppo lungo ed il risultato finale non sarebbe ottimale. Come terzo punto mi permetto di suggerire il valore aggiunto dato dall’attenzione verso il cliente. Noi forniamo sempre le istruzioni per rigenerarlo, riscaldarlo o addirittura presentarlo. Poche istruzioni chiare e semplici ma fondamentali, perché abbiamo constatato per esperienza diretta che le persone hanno perso le nozioni minime di base della cucina e per fare delle semplici preparazioni non sanno da dove iniziare. Una vera e propria necessità. Tali istruzioni sono date tenendo in considerazione gli strumenti di casa, altrimenti saremmo punto e a capo: abbiamo utilizzato addirittura le foto per dar loro un servizio il più completo possibile. Questo problema – parlo proprio dell’assenza delle basi minime della cucina casalinga, come saper usare un coltello o preparare un ragù – penso derivi dal fatto che ogni giorno si è bombardati di trasmissioni, tutorial, video, consigli di ricette complicatissime che ovviamente a casa non si è in grado di riprodurre e che al contempo ingenerano confusione.” 
 
Che box utilizzate? 
“Sono di diverso materiale ed utilizzati in base al tipo di prodotto che dobbiamo trasportare. Una soluzione interessante è una scatola di ispirazione giapponese: per tradizione loro il primo giorno dell’anno non cucinano e dunque la utilizzano per portarsi a casa un numero variabile di assaggi già pronti, che variano da 6 a 9 a 12 a seconda delle zone in cui vivono. Io mi sono ispirato ad essa e ne ho ideata una in plastica da inserire in un cartone personalizzato da 5 e da 9 piccole porzioni, dando la possibilità al cliente di assaggiare più composizioni di pesce ad un prezzo accessibile in rapporto alla qualità. Devo dire che ha funzionato moltissimo e che può tranquillamente essere utilizzata anche per la carne o le verdure.” 
 
Come raccogliete gli ordini? 
“Lo facciamo preferibilmente tramite telefono. Abbiamo anche provato le piattaforme specializzate ma sono complicate e ci vorrebbe una persona fissa o quasi per seguirle. Di fondo la nostra idea che è che se il cliente viene in negozio sceglie, noi gli forniamo le istruzioni per rigenerarla al meglio a casa; in alternativa previa telefonata gli prepariamo espresso qualsiasi cosa e gliela portiamo. Con questo metodo oltre ai clienti finali serviamo in questo periodo anche quelle aziende che lavorano in presenza e che, con la ristorazione chiusa, devono mangiare e magari vogliono gustare un piatto sano e preparato caldo da dei professionisti.” 
 
Secondo lei quale futuro attende la ristorazione? 
“Quello che mi preme sottolineare e che è la mia visione del lavoro da sempre, è quella di non concentrarsi solo su un canale di servizio, escludendone altri. Penso che diversificare – ovvero agire a 360° - sia fondamentale e porto il mio esempio: cucina espressa e preparazioni già pronte, catering e delivery, asporto e servizio per altre gastronomie generaliste. In questo modo sono più al riparo da tutti gli imprevisti che si possono venire a creare – vedi ad esempio la pandemia - : chiaro che i costi per tenere a regime la macchina sono più alti e i margini di guadagno più bassi, ma la diversificazione ha rappresentato per me una vera e propria ancora di salvezza in questo momento. Penso che studiare, prepararsi con la mente aperta e predisposta a diverse soluzioni ed opzioni di servizio – senza dovere per forza implementarle tutte assieme - sia sì faticoso ma indispensabile. Il cambiamento è sempre faticoso all’inizio e ci sono passato anch’io: dalla burocrazia alle norme igienico sanitarie in continua evoluzione per non parlare delle tecniche di cottura e conservazione o le nuove tendenze nelle preferenze dei clienti. Dobbiamo fare lo sforzo di cambiare prospettiva, perché si apre sempre un mondo nuovo dietro ogni ostacolo: guardate ad esempio tutte le opportunità che si sono prospettate in seguito all’emersione del gluten free o del vegano, per non parlare dell’attenzione alle proprietà nutrizionali dei pasti che interessano sempre più i consumatori. Servono anche a noi per costringerci a studiare, conoscere e migliorarci. Ma non è più come trent’anni fa: la complessità del mondo ci vuole prima di tutto imprenditori e poi cuochi.” Ringrazio, anche a nome dei nostri lettori lo chef Alessandro Rorato, un personaggio di grande esperienza internazionale e gastronomica, che conclude il nostro incontro mostrandoci nella realtà la tavolozza di 9 assaggi che mostriamo nella foto. Anche questa espressione di alta gastronomia, frutto di attenta ricerca della materia prima e delle più innovative e funzionali tecniche di elaborazione, cottura e presentazione. 
 
Composizione della tavolozza in foto ovvero 9 assaggi di ricette diverse a base di pesce: 
Insalata di piovra, patate e olive
Insalata di mare alla catalana 
Insalata di gamberi e zucchine (in questo periodo con radicchio) 
Marinato (alici o salmone o pesce spada) 
Moscardino con sedano
Baccalà mantecato
Calamari ripieni
Tagliata di tonno
Gambero in tempura 
 
NB: La composizione della tavolozza non è fissa, si compongono le ricette in base a quello che vi è di più fresco e sfizioso al banco. 
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di David Mandolin

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