“Vedo un futuro vintage”

Intervista ad Alessio Strazzullo e Daniele Pugliese di Casa Surace

Per discutere di futuro, non possiamo che partire dalla tradizione. Ecco perché in questo numero “nerd” ho pensato di ascoltare i difensori del patrimonio tradizionale meridionale: Alessio Strazzullo e Daniele Pugliese, rispettivamente co-fondatore e uno degli autori di Casa Surace.
Casa Surace è nata del 2015 dall’incontro tra ragazzi e ragazze di Napoli e Sala Consilina.
Come factory e casa di produzione, Casa Surace realizza i propri progetti facendo leva su cinema, teatro e nuovi linguaggi mutuati dalla rete, mantenendo sempre il giusto equilibrio tra spontaneità, satira leggera e divertimento.
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«Quando siamo nati – dichiarano Alessio e Daniele – sul web circolavano le ricette delle pizze fatte in America che mostravano maltrattamenti su prodotti agroalimentari. Noi ci occupavamo di video comici e in quel tempo andavano fortissimo le ricette. Da lì, abbiamo pensato di parlare di cibo, a modo nostro».
Casa Surace è oggi una “famiglia allargata” composta da una community di oltre 5 milioni sul web; ha totalizzato oltre un miliardo di visualizzazioni sulle piattaforme social di Facebook e YouTube; ha collaborato con i più importanti brand nazionali e internazionali, ha pubblicato un romanzo dal titolo “Quest’anno non
scendo” (2018) ed “Il Manuale del Fuorisede” (2020). Nel 2020, ha lanciato il progetto ispirandosi al “pacco da giù”: lo “Staisciupacco”, per il sostegno della piccola e media impresa agroalimentare. Il tutto sempre seguendo lo stesso spirito-guida, ossia esplorare il mondo dell’intrattenimento a tutto tondo, online e offline.
Nel 2022, Casa Surace entra nel mondo della pizza con il progetto “Pizzadagiù”, una ricetta donata a tutte le pizzerie italiane ed estere, che con i suoi ingredienti tradizionali e la sua preparazione interpreta la cultura alimentare del Sud.
 

Tradizione, ovvero ‘a nonna. Su questo avete creato il vostro format e costruito il vostro successo: perché ne avete sentito il bisogno?
 

Daniele: Noi abbiamo iniziato a raccontare quello che eravamo perché Napoli raccoglie già un bacino di tradizioni enorme. Associato a un paese come Sala Consilina, dal quale una parte di noi arriva, si aggiunge poi tutta la parte di tradizione fortissima che è legata ai paesi. La forza è stata mettere insieme un paese piccolo con una grande città. L’innovazione viaggia in parallelo con la tradizione perché è raccontare quello che fai attraverso i social ed è soprattutto un cambiamento in corso d’opera che avviene anno dopo anno.
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Dal sud si emigra… ma in fondo si resta lì con il cuore. Perché il cibo del sud è “quasi mitologico”?
 
Alessio: È l’Italia che è così! Tutta questa roba qui funziona soprattutto all’estero. Ci sono tantissime differenze culinarie al Nord e al Sud ma l’unica cosa vera, in comune, è che siamo un grande Paese con grande tradizione culinaria. Nessuna nazione al mondo ha la nostra varietà. Quando una cosa del genere si scontra in piccolo con le regioni, è interessante ma all’estero diventa una sfida epica. Ed è giusto fare un po’ di bagarre, di discussione.
 
Daniele: Il Nord si è industrializzato ma il Sud è sempre rimasto legato al mondo contadino. Al Sud i valori della famiglia sono più sentiti rispetto al Nord: la nonna ti fa mangiare non per farti scoppiare ma per farti sentire la tua vicinanza.
 
Ma cos’è il Sud per voi? Voi vivete al Sud e avete deciso di restarci?
 
Daniele: Il Sud è una calamita, nel bene e nel male. Ha tanti problemi, ha avuto tanti problemi ma poi vai fuori e dopo i primi anni inizi ad avere una calamita che ti attira per un motivo magico e tu ritorni di nuovo giù.
 
Alessio: Vengo da Napoli ma sono ormai tanti anni che vivo anche la vita di paese con Casa Surace e lì ho capito che c’è sempre qualcosa più a Sud di noi. La vita dei paesi italiani è molto simile. Ognuno di noi ha vissuto delle esperienze fuori dalla Campania per studio o per lavoro ma oggi possiamo dire che l’innovazione ci consente di lavorare ovunque e con chiunque.
 
Cos’è la “pizza da giù”? E perché proprio la pizza tra i tanti prodotti che potevate “inventare”?
 
Daniele: Noi cerchiamo sempre di allargare il nostro mondo e portarlo fuori dai social. Abbiamo pensato alla pizza perché è il nostro simbolo. La nostra pizza viene
prima fritta e poi messa in forno perché se non si frigge non siamo felici. Poi sopra ci si mette il ragù napoletano, perché è simbolo di casa e infine il caciocavallo che è la firma del nostro territorio. La pizza è famiglia, Casa Surace è famiglia.
 
Alessio: Penso che un giorno quando esseri umani e alieni si incontreranno la pizza sarà la cosa che ci contraddistinguerà, perché è il cibo più consumato al mondo. Tu nel mondo una pizza la puoi sempre mangiare.
 
Che ne pensate degli chef e dei pizzaioli che fanno innovazione? Vanno tutti presi con lo zoccolo di nonna?
 
Alessio: Credo che gli stessi napoletani si siano tolti questo vizio. Sicuramente la nostra (napoletana, ndr) è la pizza più buona al mondo ma non c’è più un’esclusiva. Anziché dire che oggi la pizza napoletana è più buona, ha più senso fare un contenuto descrittivo e non di merito.
 
Daniele: Vedi, una pizza, in qualsiasi modo tu metta gli ingredienti, esce sempre buona. È la sua magia. La pasta, se sbagli il sale o la cottura, non si può mangiare. La pizza no.
 
Qual è la vostra pizza preferita?
 
Daniele: Trovo più facile dirti quelle che mi piacciono di meno, ossia quelle coi cornicioni grandi. Li trovo senza senso perché tutto sommato è del pane che resta mentre la pizza tradizionale è bella perché ha un cornicione piccolo che ti mangi insieme al condimento. Abbiamo provato le pizze gourmet ma stiamo tornando un po’ di più al vintage, alla bella quattro stagioni.
 
Come vedete il futuro della gastronomia del Sud?
 
Alessio: Non credo che ci saranno grandi stravolgimenti ma vedo un racconto sempre più specifico.
 
Daniele: È come la moda: si modifica e poi torna alle origini. Perderemo la genuinità dei prodotti che venivano fatti in casa. Il sapore dei prodotti dei miei quattro nonni contadini forse non lo ritroverò più ma posso dire che mi sembra sia passata la fase del gourmet e che si stia ritornando al vintage.
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di Antonio Puzzi

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