La pizza è femmina.

Storie di pizze al femminile al sud

Pizza, sostantivo di genere femminile. Ergo, la Pizza è Femmina!
E dimostra tutta la sua “femminilità” nel rosso seducente del pomodoro, nella sua forma rotonda, nella sua fantasia e golosità ma soprattutto in quel gusto consolatorio che genera felicità.
 
Eppure, nonostante queste sue caratteristiche intrinseche, ancora ci meravigliamo nel vedere una donna dietro al banco delle pizze: non abbiamo del tutto metabolizzato che il pizzaiolo non è un lavoro per soli uomini, come si è creduto fino a qualche tempo fa. Se ci pensiamo bene, le mani femminili sono quelle che di solito a casa impastano e da sempre hanno lavorato il pane, la pasta, steso la sfoglia, usato il mattarello, infornato.
E allora perché. siamo così restii a concepire la figura femminile come pizzaiola?
Sicuramente fare la pizza e gestire una pizzeria è un mestiere pesante, faticoso sia da un punto di vista fisico (sacchi di farina, impasti, forni ad alte temperature) che di impegno di tempo, ma nemmeno troppo lontano dal lavoro svolto all’interno delle cucine dei ristoranti. Siamo abituati a vedere e a collocare la donna in cucina come chef o nella dimensione della pasticceria: un lavoro dolce, elegante, creativo. Ma se prendessimo le caratteristiche della pasticceria, quella sua parte chimica e quella sua parte di alta precisione e di creatività. le differenze con la pizzeria non sarebbero poi così tante. Se non avete mai mangiato la pizza fatta da una donna, posso assicurare che le donne in pizzeria raggiungono grandi risultati. Le donne in pizzeria hanno una grande empatia, sono sensibili, danno piena espressione dei loro sentimenti e della loro fantasia. L’essere femminile è una marcia in più e questa differenza si sente anche al palato e si coglie con gli occhi nella bellezza stessa della pizza.
 
Vi siete mai chiesti quante donne pizzaiole ci sono in Italia?
Ebbene, non sono poche (e lo vediamo ogni anno al Campionato Mondiale della Pizza) ma non sono nemmeno tantissime se facciamo il paragone con gli uomini. Dobbiamo pensare che ci troviamo di fronte un lavoro ancora ad appannaggio maschile se non addirittura maschilista? E non sarebbe proprio una visione del tutto estrema o errata, visto che c’. chi per farsi accettare dai clienti ci ha impiegato un bel po’ di tempo.
Per introdurvi meglio nel mondo della pizza al femminile abbiamo deciso di raccontarvi la storia di tre pizzaiole che vivono e lavorano al Sud, tre interpretazioni al femminile della pizza: Irene Malfarà, Francesca Gerbasio e Isabella De Cham.
Nome: IRENE MALFARÀ
Città: PARGHELIA (VV)
Professione: PIZZAIOLA
Locale: MISERIA E NOBILTÀ
 
Originaria di Parghelia, nel Vibonese, Irene Malfarà da 10 anni gestisce il suo locale “Miseria e Nobiltà” insieme ai suoi tre figli. Inizialmente, Irene asseconda la sua grande passione per la cucina e il mondo della ristorazione, che si traduce ben presto nell’amore incondizionato per la pizza. Un amore nato come sfida personale, curiosa di impasti e condimenti, tra corsi di vario genere, sperimentazioni e campionati per mettersi alla prova, Irene Malfar. Con impegno e testardaggine è diventata una pizzaiola riconosciuta in Calabria e non solo. Come lei stessa ammette: “per una donna questo lavoro non è proprio semplice, ci vuole forza per gli impasti, resistenza al calore del forno oltre ad avere tempi per la vita personale e la famiglia molto ridotti, ma sono cose che si mettono in conto e si fanno solo se si è motivati”. E Irene passione ne ha da vendere e te ne accorgi subito parlando con lei, quando ti dice: “Per me la pizza è vita! È tutto! Non riuscirei a stare senza mani in pasta, senza creare qualcosa per i miei clienti, senza inventare le mie pizze gourmet. Tutto questo mi dà soddisfazione, mi rende viva. Così come mi dà gioia vedere il piacere negli occhi di chi mangia la mia pizza”.
Ma com’è la pizza di Irene, perché piace così tanto? “La mia è una pizza contemporanea. Non saprei come altro definirla. È una pizza semplice ma non banale. Lavoro con autolisi, partendo da farina e acqua, utilizzo un blend di farine di Tipo 1 e doppio zero, con un 70% di idratazione e quasi 30 ore di lievitazione. L’autolisi mi aiuta a dare più profumo e sapore all’impasto. L’impasto l’ho messo a punto io e lo curo ogni giorno personalmente, sono molto precisa e cerco sempre il risultato migliore in termini di leggerezza e consistenza. Venendo poi dal mondo della cucina, la mia passione sono gli abbinamenti: parto con l’idea di un ingrediente (uso materie prime del territorio, principalmente biologiche) per poi sviluppare combinazioni differenti e fantasiose, giocando sui contrasti di sapore, su impiattamenti e accostamenti cromatici. Cerco di combinare tutti gli elementi per dare vita ad un prodotto eccellente, senza far perdere lo spirito di tradizione che sta dietro la pizza, quel senso vero di un piatto che può essere gourmet e deve essere di tutti”.
Da sempre autodidatta, ama confrontarsi con i tanti colleghi e colleghe, di cui riconosce bravura e talento ma nella sua testa è chiaro il concetto di non voler essere la copia di nessuno. “Non mi piace fare copia e incolla” afferma Irene e, se andiamo da “Miseria e Nobiltà”, si vede immediatamente il grande lavoro di collaborazione e responsabilità che c’è dietro al banco. Per la nostra pizzaiola, l’umiltà e l’impegno sono alla base per poter crescere e lavorare bene, conditi dall’entusiasmo per questo lavoro che continua a stupire i clienti stessi come ci racconta: “Tante volte mi sono sentita dire o chiedere del perché faccio questo lavoro, dove la figura di riferimento continua a essere l’uomo.
Ancora oggi a distanza di anni alcuni si meravigliano dicendo che è la prima volta che vedono una donna pizzaiola”. E qui scatta la domanda finale o meglio il consiglio per chi giovane donna vuole fare questo mestiere. Irene senza pensarci più di tanto dice subito: “Provaci assolutamente! È un’esperienza stupenda, che regala soddisfazione ma va fatta solo se si è mossi da passione forte. Perché non ha prezzo vedere le persone felici grazie alla tua pizza”.
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Nome: FRANCESCA GERBASIO
Città: SALA CONSILINA (SA)
Professione: PIZZAIOLA
Locale: LA PIETRA AZZURRA
 
Francesca Gerbasio, originaria di Padula, un percorso alle spalle nella ristorazione, iniziato in sala come terapia alla sua timidezza e per prendersi cura delle persone, come ci tiene a raccontare. Dalla sala alla pizza il viaggio è stato lineare, anche se lei si sente una pizzaiola per caso “oppure aveva la pizza nel sangue e non lo sapeva”. Comincia a fare dei corsi di cucina e di pizza: “volevo conoscere, capire di più per poi avviare un mio progetto, ma non pensavo mica di diventare la pizzaiola di oggi. Tutto comincia nel 2011 seguendo i corsi di Michele Croccia, che capisce prima di me le mie potenzialità e mi ha chiesto di rimanere a lavorare con lui… la storia poi la conoscete”.
E, per chi non la conoscesse, ve la raccontiamo noi. Francesca lavora con Croccia presso “La Pietra Azzurra” in Cilento e nel 2015 apre la sua prima pizzeria “Pizz e Maccarun” a Sala Consilina (Sa) e Michele diventa suo socio, fin quando nel 2020 tutto si trasforma in una seconda sede de “La Pietra Azzurra”, abbracciandone completamente la filosofia. Negli anni di intermezzo ci sono tante pizze, i concorsi a cui Michele la iscriveva e i premi conquistati. Tra i più importanti, c’è il Pizza Chef Emergente Sud del 2014 che la decreta non solo vincitrice ma anche la prima ed unica donna ad averlo vinto, fino ad arrivare a essere protagonista della serie TV Pizzagirls in onda su LA5. E qui entriamo nel cuore della conversazione, affrontando la questione delle donne pizzaiole e del perché sono in netta minoranza rispetto agli uomini.
“Mi faccio spesso questa domanda e non riesco ancora a darmi una risposta o una spiegazione che possa essere logica” - ci dice Francesca - “e pensare che in passato era la donna a fare la pizza, specie quella fritta e venderla per strada. Oltre a essere un lavoro faticoso, forse da un punto di vista sociale non è mai stato concepito un mestiere nobile al pari dello chef. Al contrario di ora, prima il pizzaiolo era un lavoro facile, quasi improvvisato, fatto per necessità più che per passione, quindi più lontano dal genere femminile. Oggi la pizza si è evoluta, è cresciuta l’opinione intorno alla pizza, la cultura che ne rappresenta e di conseguenza la figura del pizzaiolo sta percorrendo la stessa strada del cuoco. Per alcuni versi abbiamo pizzaioli come vere pop star”. Troviamo interessante questa ipotesi più socio-antropologica di Francesca per spiegarci le differenze numeriche, che sono alimentate anche da visioni stereotipate di chi ancora si meraviglia che una donna faccia la pizza e ancora di più che la sappia fare. “Tante volte e in tanti modi più o meno eleganti mi sono sentita definire ”una donna che fa la pizza”, una frase che si carica di tante sfumature e alle volte può anche far male.
Ricordo all’inizio di clienti che non volevano la pizza fatta da me per palese mancanza di fiducia. Tutto ciò è stato per me motivo per fare sempre meglio, una sfida con me stessa e poi con il resto del mondo”. E bisogna dire che la pizza Francesca ha imparato a farla bene da subito, ne sa qualcosa il suo mentore Michele Croccia. Fondamentalmente di stile napoletano, ma si cimenta in tutti i formati: teglia, pala, panini. Il suo impasto è indiretto con biga, ottenuto da grani antichi e lievito madre, con una maturazione di 24/36 ore, e si è specializzata anche in pizze senza glutine. Ama sperimentare, nella sua carta della pizza trovate impasti anche con il cacao o l’orzo.
Tra le sue pizze preferite c’è “Tisblocco un ricordo”, rivisitazione della pizza al ruoto come si faceva a casa una volta in Cilento, la pizza che preparavano le nonne e le mamme prima di infornare il pane, con un sapore ben distinto dalla pizza moderna, quasi ancestrale. La sua cucina è semplice, si lega alla tradizione e sposa un principio per lei essenziale: “Niente preparati, solo materia prima. Altrimenti finiremo per rendere piatti e pizze tutte uguali!” - e continua - “La pizza è il mio modo di esprimermi, è qualcosa che tira fuori la mia creatività.
È attraverso le mie pizze che mi racconto e parlo di me. Ecco perché per me la pizza deve essere personale, deve racchiudere in sé i nostri valori, ciò che siamo, deve in un certo qual modo essere il nostro specchio. L’impasto ai grani antichi mi somiglia, mi fa emozionare ogni volta che lo assaggio e provo sempre a migliorarlo. E poi la pizza deve partire dalla terra, deve essere ambasciatrice del nostro territorio, mettere insieme materie prime vere e di qualità, soprattutto sane per avere un prodotto finale sano, produttori appassionati e mani esperte. Se la pensiamo così, lontana dallo stereotipo del barattolo e del condimento da metterci su, allora stiamo riscattando la pizza in tutta la sua essenza e riscattiamo in dignità anche il mestiere di pizzaiolo”.  A modo suo, Francesca cerca di essere versatile e personale; per lei questo è la pizza, massima possibilità di espressione: “Sulla pizza troviamo e mettiamo il nostro stile e la crescita degli ultimi anni ci dice che siamo sulla strada giusta per nobilitare questo mestiere.
Forse stiamo rischiando per certi versi di allontanare la pizza come piatto dal popolo e dovrebbe essere nostra cura garantire che ciò non accada, anche se ci piace sperimentare”. Anche a Francesca Gerbasio chiediamo un consiglio per una ragazza che vuole fare questo mestiere.
“È un mestiere bellissimo e non abbiamo nulla da invidiare a nessuno. L’importante è non improvvisare, studiare sempre. Noi donne abbiamo sensibilità, delicatezza, creatività e mettiamo in tutto ciò che facciamo una dose maggiore di impegno e passione. E riusciamo bene in questo lavoro, ecco perché dobbiamo farci strada e dobbiamo crescere”.
E conclude: “E poi la pizza è un prodotto vivo e la donna è portata a dare la vita”. Un evidente sillogismo.
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Nome: ISABELLA DE CHAM
Città: NAPOLI (Rione Sanità)
Professione: PIZZAIOLA
Locale: ISABELLA DE CHAM PIZZA FRITTA
 
Isabella De Cham, napoletana verace (non fatevi ingannare dal cognome), solare e sorridente, è da sempre innamorata della pizza: non la classica, quella fritta. E, tanto per complicarsi la vita, decide di dedicarsi “anema e core” a questa preparazione. Dopo la folgorazione, cerca subito le migliori pizzerie dove imparare l’arte della pizza fritta: La Masardona, Sorbillo, Concettina ai tre Santi. Dopo anni di studio e con tanta intraprendenza decide di mettersi in proprio e rileva insieme ad un socio l’esistente “1947 Pizza Fritta” (di cui parliamo proprio in questo numero, ndr). Bisogna aspettare il 2017 per il grande salto, quello che la fa tornare nel suo quartiere, Sanit., per aprire una sua nuova pizzeria, esclusivamente di pizza fritta che porta il suo nome: Isabella De Cham Pizza Fritta. Lei stessa si racconta così: “La pizza fritta è sempre stata considerata la sorella povera della Margherita; la mia scelta in modo istintivo era caduta sulla pizza meno nobile, sapevo che avrei dovuto fare il doppio della fatica per portarla ad avere la sua dignità. Iniziai fin da subito un mio percorso, cercando la mia tecnica, quella che avrebbe dato carattere e personalità alla mia pizza. La mia fortuna è stata quella di conoscere Luciano Pignataro che scrisse di me, portando curiosità nel mondo della stampa; da lì arrivarono articoli, premi, riconoscimenti, inviti e infine il successo del pubblico dei clienti”.
Un successo scritto? Sicuramente conquistato con coraggio e testardaggine. Oggi Isabella De Cham . la regina indiscussa della pizza fritta, pensiamola come una moderna Sofia Loren che ne “L’Oro di Napoli” stende e vende pizze fritte per le strade della città. Nel variopinto Rione Sanit., nel cuore della città di Napoli, Isabella si è circondata di uno staff totalmente al femminile tra sala e cucina, sommelier compresa, dove potete prendere una pizza fritta in versione street food o sedervi al tavolo e fare questa golosa esperienza. La sua missione è quella di far innamorare tutti della sua pizza fritta. E pare ci riesca senza troppi sforzi. La sua pizza piace al primo morso. “Faccio un impasto con metodo diretto che matura e lievita a temperatura ambiente complessivamente dalle 36 alle 48 ore circa. Ne viene fuori una pizza sottile, elastica e leggera che passa in frittura senza lasciare odore di olio o tracce di unto. E poi ho anche la versione vegan e gluten free per non scontentare nessuno”.
Quando le chiedi così la pizza, la sua risposta è immediata e carica di emozione: “Per me la pizza è felicità, mi ha cambiato la vita, la personalità. Quando sento i miei clienti dire wow, godere di ciò che hai fatto, mi emoziono come se fosse la mia prima pizza. È una sensazione indescrivibile. E poi nella mia pizza provo a trasmettere ciò che ho imparato nella vita, ciò che mi ha insegnato la famiglia, ci metto dentro le cose in cui credo. La mia pizza ha una carica di empatia e sensibilità”. E poi aggiunge nel suo racconto: “Ho voluto circondarmi di donne perché in questo mestiere, seppur di donne ce ne sono, queste sono sempre poche e non riconosciute. Facciamo un lavoro maschilista ma a mio avviso lo facciamo anche meglio: noi donne siamo veloci, più precise, perfezioniste, quasi maniacali, non manderemmo mai a un tavolo una pizza venuta male”.
Se la pizza fritta era considerata di serie B, oggi possiamo dire che il lavoro di Isabella l’ha rivalutata di gran lunga, facendola approdare a Capri, a Ibiza e in eventi sparsi per l’Italia; nel 2022 è stata inserita tra le otto friggitorie certificate dall’Associazione Verace Pizza Napoletana. Tra le sue pizze assolutamente da provare: la “Classica”, farcita con cicoli, ricotta, pepe e basilico e poi il must della pizzeria, pi. volte premiata, “Donna Isabella” ripiena di rucola, provola, caciocavallo, provola e zest di limone. Mentre quella super richiesta è la pizza fritta con il polpo: Polpo appena scottato al profumo di kerner (vitigno aromatico bianco), scarola appena passata in padella, porro e dello Stilton. “Secondo me la pizza è - e deve essere - valorizzazione del territorio, è un’espressione personale, non ci devono essere né leggi né tantomeno tabù. È necessario conoscere e guardare alla tradizione ma allo stesso tempo provare qualcosa di nuovo, ricercare tra ingredienti, abbinamenti, spingersi un po’ più in là.
Solo in questo modo cresciamo noi e si evolverà la pizza. E spesso sono i clienti che ti chiedono qualcosa di nuovo. Bisogna invece stare attenti a non andare oltre certi standard economici; la pizza, specie quella fritta, è sempre stata un pranzo popolare, veloce, economico e non può arrivare a costare tanto; qui da me ci teniamo sotto i 7 euro, per esempio”. E prima di chiudere la nostra chiacchierata anche a Isabella, sostenitrice del “girl power”, chiediamo il solito consiglio, a cui lei risponde con la forza e la sicurezza che la contraddistinguono: “Tutto arriva se sai aspettare; ci vuole pazienza e la volontà di fare le cose che si vogliono fare.
E, quando le fai, devi dare il massimo, devi correre, devi dimostrare che sei forte”.
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di Giusy Ferraina

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